L'ufficiale si prodigò durante l’occupazione italiana del Sud-Ovest della Francia dopo la caduta di Parigi per mano dei Paesi dell’Asse il 25 giugno 1940. La sua storia raccontata in un libro
di Vincenzo Grienti, tratto da avvenire.it
L'ufficiale si prodigò durante l’occupazione italiana del Sud-Ovest della Francia dopo la caduta di Parigi per mano dei Paesi dell’Asse il 25 giugno 1940. La sua storia raccontata in un libro
Una storia che potrebbe essere un film e invece è vera: quella del capitano dei Carabinieri Reali Massimo Tosti. Classe 1901, di Campobasso, Tosti è un ufficiale del X Battaglione Carabinieri Mobilitato al seguito del IV Corpo d’Armata durante l’occupazione italiana dell’area sud orientale della Francia dopo la caduta di Parigi per mano dei Paesi dell’Asse il 25 giugno 1940.
Il nord era sotto il controllo tedesco mentre il resto del territorio francese era sotto il governo collaborazionista di Vichy. “Nel marzo del 1943 l’opera del capitano Tosti si rivelò determinante a favore della popolazione di religione ebraica – dice il Generale di Brigata Antonino Neosi, Capo Ufficio Storico dell’Arma dei Carabinieri -. Attraverso l’attività di Tosti e di tanti altri militari italiani si riuscì a portare un cospicuo numero di cittadini di religione ebraica proprio in quel territorio sottraendoli dalla furia nazista. Grazie all’azione svolta dai militari italiani e dal capitano Tosti si riuscirono a salvare circa 4mila ebrei dalla deportazione. In particolare, non solo vennero garantite loro condizioni di vita più dignitose in quei paesini al confine con l’Italia – sottolinea Neosi -. Agli stessi vennero forniti mezzi di sostentamento e dei documenti falsi che gli consentirono di sfuggire alla Gestapo nazista e alla polizia del governo collaborazionista di Vichy”.
Il capitano Tosti e gli altri militari italiani, noncuranti delle leggi razziali introdotte nel 1938 dal regime fascista guidato da Mussolini, rischiarono la vita evitando controlli, spie e delatori e compiendo un’opera umanitaria senza precedenti. Negli undici mesi in cui la IV Armata italiana rimase sulla Costa Azzurra e a ridosso delle Alpi, fino alla linea del fiume Rodano, si creò una zona in cui gli ebrei trovarono un sicuro rifugio grazie al sostegno di una rete di salvataggio guidata dal banchiere italo-francese Angelo Donati, dal cappuccino padre Pierre-Marie Benoit e dai Carabinieri italiani, tra i quali il capitano Tosti.
Proprio nel marzo del 1943 e nei giorni successivi, attraverso l’azione portata avanti dal capitano Tosti, molte persone di fede ebraica furono condotte ai piedi delle Alpi vicino alla frontiera con l’Italia. Il trasferimento avvenne utilizzando i camion dalla IV Armata, con partenze differite di alcuni giorni e a gruppi di circa cento persone.
Una storia, quella del capitano dei carabinieri, emersa da un carteggio ritrovato dalla famiglia dopo la morte di Massimo Tosti nel 1976. Un vero e proprio patrimonio culturale e di memoria per non dimenticare uomini in divisa che nonostante regimi, dittatori e leggi razziali, compirono atti di eroica quotidianità in difesa dei diritti e della dignità umana.
Una storia che il giornalista e saggista Giuseppe Altamore, direttore di BenEssere, attraverso documenti, foto e testimonianze, ripercorre nel libro “A testa alta. Massimo Tosti, il carabiniere che salvò 4000 ebrei” (San Paolo).
Date, nomi e dettagli di un testimone che a guerra finita, nonostante il suo impegno antifascista, rischiò di essere addirittura espulso dall’Arma con l’accusa di collaborazionismo. “Ma la verità – scrive Altamore nel suo libro – si impose e quest’uomo retto conobbe riconoscimenti e una giusta carriera” che terminò con il grado di tenente colonnello e con la gratitudine di centinaia di persone che ebbero salva la vita.
Certo è che per comprendere fatti e situazioni occorre approfondire il contesto storico e militare in cui si trovava l’Italia nel 1943 all’indomani della firma dell’armistizio. Una data che non fermò l’azione del capitano Tosti. Egli continuò la sua opera di salvataggio anche quando l’Italia era divisa in due e allo sbando. Anche quando gli ebrei fuggirono dal sud della Francia invasa dai nazisti.
“Dopo l’8 settembre la situazione si complica ulteriormente. Gli italiani non erano più alleati dei tedeschi – prosegue il Capo Ufficio Storico del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri -. A seguito dello sbandamento delle nostre truppe, anche il capitano Tosti rientra in Italia”.
La famiglia dell’ufficiale dei carabinieri viveva a Bordighera, in provincia di Imperia, vicino al confine francese. “Lui era sposato con due bambini e la moglie era incinta del terzo figlio – aggiunge il generale Neosi -. Questo per dire che non c’era solo una necessità familiare, ma anche una necessità di servizio nel rientrare in Italia. La situazione del capitano Tosti è quella in cui si trovarono un po’ tutti i carabinieri in quel momento. Occorre considerare la difficoltà che si verificò dopo l’8 settembre 1943” riflette Neosi.
In quei giorni drammatici e di confusione il maresciallo Badoglio e il Re Vittorio Emanuele III si erano trasferiti a Brindisi mentre a nord era stata costituita la Repubblica sociale italiana. A sud avanzavano gli Alleati anglo-americani dopo lo sbarco in Sicilia del 10 luglio 1943. “Era una situazione estremamente complessa nella quale iniziarono a mancare gli ordini e Tosti, così come altri carabinieri che dovettero rientrare e presentarsi al proprio comando di appartenenza, fu costretto a transitare, di fatto, nella Guardia nazionale repubblicana. Tuttavia – spiega Neosi - fu un transito molto breve in cui, anche attraverso diversi sotterfugi, come quello di mettersi in malattia, Tosti cercò di sottrarsi ai servizi che venivano dalla Guardia nazionale repubblicana, per non rispondere a quelli che erano gli ordini dei fascisti”.
Il generale di Brigata Antonino Neosi, capo dell'Ufficio storico dell'Arma dei Carabinieri - Arma dei Carabinieri
Non solo, nonostante i pericoli che potevano derivare da eventuali azioni clandestine, il capitano Tosti si impegnò a sostegno della popolazione italiana e in supporto dei partigiani fornendo informazioni e aiutandoli a non essere catturati dai soldati del Terzo Reich. “Questo fu un ruolo che accomunò molti carabinieri che proprio in quel periodo passarono alcuni in clandestinità andando a costituire le bande partigiane – sottolinea il generale Neosi -. Altri invece combatterono direttamente. Non dimentichiamo che i primi combattimenti dopo l’8 settembre 1943 si tennero proprio a Roma a Porta San Paolo”.
Tra i primi caduti per la libertà dell’Italia ci furono uomini come il capitano Orlando De Tommaso, Comandante della Compagnia Allievi carabinieri, composta da circa seicento militari impegnati nella difesa della capitale. Da non dimenticare inoltre il sostegno dei Carabinieri Reali dal 27 al 30 settembre 1943 durante “le quattro giornate di Napoli”. Qui i carabinieri, ricorda il generale Neosi “combatterono in prima linea, così come avvenne per i martiri di Teverola o nell’episodio di Salvo D’Acquisto accaduto alle porte di Roma”.
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