La vocazione non è un segno miracoloso

Il cardinale Luis Antonio Tagle in questa intervista: "Dio ha creato ogni singola persona per uno scopo, e questo scopo viene realizzato da noi. L'unica cosa che dobbiamo fare è scoprirlo"...

La vocazione non è un segno miracoloso

del 27 novembre 2017

Il cardinale Luis Antonio Tagle in questa intervista: "Dio ha creato ogni singola persona per uno scopo, e questo scopo viene realizzato da noi. L’unica cosa che dobbiamo fare è scoprirlo"...

 

 

Dio opera nelle nostre condizioni umane. La nostra vocazione è l’obiettivo che Dio ha per noi. Dio ha creato ogni singola persona per uno scopo, e questo scopo viene realizzato da noi. L’unica cosa che dobbiamo fare è scoprirlo. È molto semplice, ha affermato il cardinale Luis Antonio Tagle in questa intervista rilasciata ad Aleteia.

 

Come scoprire la propria vocazione?

 

Il prossimo anno si svolgerà un sinodo il cui tema è “I giovani, la fede e il discernimento Vocazionale”. Cosa vorrebbe dire ai giovani? Come possono discernere la propria vocazione?

Alcuni giovani pensano che una vocazione sia una sorta di segno miracoloso, una voce dal cielo o un’illuminazione. Non è così (ride). Probabilmente succede anche questo, ma molto raramente. È stato il caso di San Paolo e di Mosè, ma non capita alle persone ordinarie come noi. Dico sempre ai giovani che Dio opera nelle nostre condizioni umane. La vocazione di Dio è l’intenzione che Dio ha per noi. Ha creato ogni persona per uno scopo, e questo scopo viene già realizzato. Dobbiamo solo scoprirlo. È molto semplice (ride).

 

Davvero?

Bisogna guardare nel proprio cuore! Bisogna conoscersi, arrivare a conoscere i doni che abbiamo ricevuto, i talenti e gli interessi. Poi bisogna liberare la testa e il cuore per capire che non viviamo solo per noi stessi. Saremo allora capaci di discernere come i nostri talenti possano servire gli altri. È l’inizio del discernimento vocazionale. Tutti i nostri doni, interessi e talenti derivano da Dio, che ce li ha dati decidendo che non sono esclusivamente per noi.

 

Viviamo in un’epoca in cui non è facile sentire la nostra voce interiore, soprattutto quando viene messa a tacere.

È vero. Molti giovani dicono di provarci ma che le condizioni per l’ascolto non sono sempre appropriate, soprattutto al giorno d’oggi, in cui siamo presi da tante cose: il telefono, Internet, le e-mail… Sono cose positive, ma a volte attraverso queste connessioni si è presenti in tutto il mondo.

Siete in Europa ma siete collegati a ciò che sta accadendo in Australia, e anche se non cercate rumore, tutte queste possibilità di comunicazione possono crearlo. È per questo che abbiamo bisogno di disciplina. Dico ai giovani che per rendere i loro rapporti con gli altri più significativi di tanto in tanto devono stare da soli.

Ciò non vuol dire mettere da parte i rapporti con gli altri! La solitudine, la preghiera, la riflessione e perfino il riposo sono il modo per conoscersi meglio e potersi così impegnare in rapporti migliori con gli altri. Quando siamo impegnati e sempre di corsa, non riusciamo a notare le persone che ci circondano e i poveri che hanno bisogno di noi. A volte perfino in famiglia ogni membro è talmente assorbito nel mondo virtuale da perdere il collegamento con gli altri. Il tempo per se stessi non è quindi un isolamento. Mira a migliorare la qualità dei rapporti con gli altri.

 

Non si può avere tutto
 

E se qualcuno ha due opzioni nel discernimento della propria vocazione? Se gli piacerebbe diventare sia medico che sacerdote? Quale delle due vie dovrebbe scegliere?

È un’ottima domanda. Ci sono casi in cui entrambe le possibilità sono positive e idonee. È facile scegliere quando un’opzione è positiva e l’altra negativa. Sappiamo che si sceglierà la prima. A volte, però, quando si vuole discernere la propria strada, si nota che si ha una predisposizione per entrambe le opzioni. Si può essere bravi in entrambe le cose, e soprattutto il mondo ha bisogno di entrambe ed entrambe servono gli altri. È molto difficile, ma credo che in questo caso si debba tener conto di un fattore: cosa mi aiuterà a seguire meglio Gesù? Il sacerdozio non è la risposta in qualsiasi caso.

 

Dovremmo tener conto di questo fattore anche nel contesto del matrimonio? E se avessimo due buone scelte?

Bisogna capire innanzitutto che non si può avere tutto.

 

Il problema del mondo al giorno d’oggi è proprio questo!

È vero, vogliamo avere tutto. Vogliamo una vita ideale, un partner ideale e un lavoro ideale. Non appena individuiamo un’imperfezione diciamo: “No, questo non fa per me”. Non si troverà mai l’ideale! Scegliendo la persona giusta, bisogna verificare la propria motivazione durante la preghiera e immergersi semplicemente nella propria fede. Ancora una volta, ciò che conta è la risposta alla domanda: “Con quale persona potrei essere più vicino a Gesù? Con chi posso servire meglio gli altri?”

 

Essere aperti e cercare la propria strada
 

Può dirci qualcosa sulla sua vocazione?

All’inizio pensavo di diventare medico.

 

Allora ho fatto bene a chiedere!

Sì (ride)! Fin da piccolo pensavo di diventare medico. I miei genitori erano felici di quella scelta. Quando avevo 14 anni è stata organizzata una nuova comunità per giovani e sono stato invitato a prendervi parte. All’inizio non mi piaceva, ma è stata questa comunità che mi ha aiutato a vedere un’altra realtà. Aiutavamo i bambini di strada, quelli delle famiglie povere e quelli che vivevano nelle baraccopoli. Aiutavo gli altri ma ero concentrato sulla medicina. Alcuni mi chiedevano se volevo diventare sacerdote, ma dicevo di no. “No, no, andrò alla scuola di medicina, aiuto solo in parrocchia”.

E poi, all’improvviso, è accaduto qualcosa. Un sacerdote che conoscevo mi ha chiesto se sapevo che era possibile ottenere una borsa di studio in un’università dei Gesuiti. Ha detto: “Puoi frequentare un corso preparatorio per la scuola medica lì. Se ottieni la borsa di studio potrai aiutare i tuoi genitori”. E allora ho sostenuto gli esami. Durante il primo ho capito che non era un esame per una scuola medica ma per un seminario! Ero furioso! “Perché mi hai mentito, padre?”, ho gridato al sacerdote, e lui ha risposto: “Tutto ciò che volevo era aprirti gli occhi. Pensi solo alla medicina!”

Ero arrabbiato, ma ho iniziato a pormi delle domande. Quando mi stavo inclinando verso il sacerdozio è risultato che non avevo passato l’esame. Ho invece superato l’esame per entrare alla scuola medica e potevo iniziare a studiare Medicina. Ho iniziato a interrogarmi e a parlare con molte persone.

Ero confuso ma pregavo molto: “Signore, mostrami la tua via in tutta questa confusione, perché da solo non riesco a vederla”. Lentamente, lentamente… ho deciso di tornare in seminario e chiedere se potevo riprovare. Mi hanno detto di no. Dopo due o tre rifiuti, ho deciso che visto che le porte del seminario per me erano chiuse sarei diventato medico.

L’ultimo giorno delle iscrizioni ero in piedi in fila a pregare. Il sacerdote gesuita che interrogava i candidati mi ha visto e mi ha detto: “Che fai qui? Sei proprio ostinato. Il rettore ha detto che non ti avrebbe ammesso!” “Lo so, ed è per questo che non ho intenzione di riprovare. Ho scelto Medicina”, ho risposto. Mi ha detto: “Seguimi”. Mi ha interrogato, ha chiamato qualcuno e dopo un po’ ha detto: “Visto che hai dimostrato un certo interesse proviamo. Ma solo per un semestre!” Dopo quel semestre mi hanno lasciato rimanere.

 

Si ha bisogno degli altri

 

E ora è cardinale! La vita è davvero imprevedibile…

La conclusione è “Cerca la tua strada, ma sii aperto a quello che la vita ha da offrirti, perché non tutto è sotto controllo”. Chi l’avrebbe detto? Ero l’ultimo della lista delle ammissioni, e ora, come ha sottolineato lei, sono cardinale (ride). Cercare la propria strada richiede uno sforzo,ma si ha anche bisogno degli altri. Abbiamo bisogno di persone che ci conoscano e che ci facciano vedere cose di fronte alle quali possiamo essere ciechi. Ero furioso con quel sacerdote, ma in realtà è stato uno strumento!

 

Che storia affascinante!

La vita è così. Dico quindi ai giovani di non cedere alla frustrazione. A volte i giovani si arrendono quando i loro progetti non si realizzano, ma bisogna applicare una prospettiva più ampia. Forse Dio ha in serbo per voi qualcosa di meglio?

 

Penso che la libertà sia il primo passo verso il discernimento vocazionale…

Sì, è vero, ma la libertà non vuol dire poter fare ciò che si vuole. Essere liberi significa essere onesti, liberi da bugie e delusioni. Sono libero perché so chi sono. Conosco la mia forza e la mia debolezza. Sono libero nel fatto di sapere cos’è possibile per me. Se non sono bravo in matematica non posso fare il contabile e non c’è problema. La libertà significa donarsi agli altri, e questo è l’obiettivo di qualsiasi vocazione. Se non si è liberi nell’amore, significa che non è amore.

 

 

Monika Burczaniuk

https://it.aleteia.org

 

 

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