Il Sudan dal 15 aprile è alle prese con una sanguinosa guerra tra le forze armate sudanesi e le forze paramilitari della Rapid Support Forces scoppiata dopo settimane di lotte di potere tra il capo dell’esercito e il suo vice. Secondo l’OMS si contano oltre 900 morti e più di 6 mila feriti, le persone costrette a fuggire dalle loro case sono circa 2,2 milioni. Gli organismi internazionali riportano diversi casi di violenza brutale, saccheggi, uccisioni indiscriminate e stupri. La situazione è terribile, milioni di persone non hanno accesso a cibo, acqua, riparo e cure mediche, secondo le Nazioni Unite un terzo della popolazione sudanese ha bisogno di aiuti umanitari. Gli ospedali rimasti aperti a Khartoum sono pochi, alcuni sono stati occupati, altri chiusi, molti bombardati. Il Sudan, sconvolto da diverse guerre da decenni, tra queste il conflitto in Darfur nel 2003 e la conseguente devastante crisi umanitaria, si trova in una regione molto instabile, molti Paesi vicini (Etiopia, Ciad e Sud Sudan) hanno subito importanti sconvolgimenti politici e conflitti e questo continua a causare milioni di profughi.
I salesiani di Don Bosco hanno tre presenze in Sudan: St. Joseph VTC a Khartoum, St. Joseph a Kalakala e Don Bosco VTC a El Obeid e si occupano di aiuto e sostegno alla popolazione più povera e vulnerabile: gestiscono scuole primarie, secondarie e istituti nella formazione professionale. Nelle ultime settimane sono stati costretti ad abbandonare la scuola tecnica San Giuseppe a causa dell’avanzata dei paramilitari e dell’insicurezza della zona, si sono rifugiati a diversi chilometri di distanza. “I proiettili entravano nelle stanze, così abbiamo preso giusto alcuni vestiti e ce ne siamo andati”, spiega il Direttore della comunità.
I missionari ci chiedono aiuto urgente per distribuire beni di prima necessità alle persone più colpite dal conflitto: donne, bambini, anziani e persone con disabilità, oltre a coloro che soffrono di grave malnutrizione. L’ONU sostiene che 11,7 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta.
Vogliamo sostenere la popolazione sfollata con:
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