«Prof. ho una domanda sulla Messa»

Loro sono cresciute su internet più che con la tv. E immaginano una Messa in cui le emozioni le colpiscano perché loro stesse si sentono parte di quella celebrazione.

«Prof. ho una domanda sulla Messa»

 

          Appena arrivo a scuola nella hall d'ingresso c'è una confusione insolita. Cerco Clara, la bidella, vero pilastro organizzativo della scuola. "La seconda B è chiusa, Clara, come mai?" "Professore, stamattina c'è il film per le seconde, in aula magna..." E il sorriso finale con cui distoglie lo sguardo, mi fa capire che anche stamattina mi sono perso un pezzo di scuola. E con un po' di senso di frustrazione, sistemo i registri in sala insegnanti finché un vocio intenso mi ruba l'attenzione. E lentamente alcuni studenti sciamano fuori dall'aula magna. Mi affaccio sul corridoio e lo sguardo di Miriam mi chiama: "Prof. si è bloccato il proiettore!" Insieme alle inseparabili Elisa e Nives, sghignazzando, vengono verso di me.

           Ed Elisa ne approfitta: "Prof. ho una domanda sulla messa". "Ah - faccio io - tu vai a messa?". "Vabbé, ogni tanto sì..., solo che mi rompe un po'. Ma perché si deve fare sempre la messa uguale: stesse parole, stesse cose, stesse canzoni... e poi tutti fermi per mezz'ora... Ma non si potrebbe farla un po' più... da festa insomma...". "Eh sì, Elisa, - le dico - che facciamo? un party?... o un rave?... dai... ma ti pare?". E sorrido con ironia...

          Miriam invece riprende seriamente. "No, prof. Io ci andrei di più e senza storie se la messa fosse più bella". "Più bella..., cosa vuol dire più bella?" ribatto. "Eh, più emozionante con cose un po' diverse. E poi davvero ha ragione Elisa... i canti... delle volte sono davvero inaffrontabili...". "Cioè vuoi dire che il tuo andare a messa è legato all'emozione che provi?". "Eh, anche, insomma se è una festa... perché è una festa vero prof?". " Eh certo, festeggiamo la resurrezione di Gesù, la cosa più importante e fondamentale della fede". "Ecco appunto, allora perché deve essere così noiosa?", aggiunge Nives.

          "Beh la resurrezione da inizio ad una vita totalmente diversa da quella che abbiamo qui sulla terra, Gesù vive con Dio ora, risorto. Il modo di vivere da risorti è totalmente diverso da quello della terra... e mica si può festeggiare nello stesso modo allora. Insomma, la messa è un anticipo del paradiso". "Ho capito prof., ma se il paradiso è così... mi passa la voglia..." ribatte Miriam.

          Il proiettore riprende a funzionare e le rispedisco, loro malgrado, in aula magna. Ma le mie perplessità restano con me. In ventisei anni di insegnamento è una delle prime volte che mi capita di parlare di come loro vivono la messa. Di solito è un tema "off limits" in classe. Ma come al solito nei tempi morti vengono fuori le cose più vive.

          E compilando il registro rifletto. Ovviamente faccio la debita "tara" alle richieste delle mie studentesse, vista la loro attitudine adolescenziale a fare dell'emozione il criterio della verità delle cose. Però mi restano pezzi di domande che vagano per la mia mente, in cerca di senso.

          Che l'emozione sia il criterio di verità temo non sia vero solo per gli adolescenti, oggi. E penso che davvero come Chiesa dovremmo chiederci cosa nutrono le nostre celebrazioni: la nostra mente razionale? Le nostre percezioni sensoriali? Le nostre emozioni? I sentimenti della nostra fede? O la nostra "anima"? Ma tutte queste cose non fanno parte dell'anima?

          In teoria sappiamo che tutta la persona intera dovrebbe partecipare alla "festa di Dio". Nella pratica credo che oggi, mediamente, le persone sono più colpite dall'emozione che dalle idee, sentono, più che pensare. E dovremmo forse chiederci allora come la nostra liturgia si pone di fronte a questa tendenza attuale.

          L'obiezione immediata, che io stesso mi faccio, è che la messa ci mette a parte di un "totalmente Altro" che non può venir "valutato" nelle nostre categorie umane. Ma è anche vero che se l'esperienza del "totalmente Altro" è talmente altra dalla vita quotidiana da non condividerne quasi nulla, finisce poi per non essere traducibile nel qui e ora della giornata ordinaria. E così si spiega come a volte oggi, chi cerca messe "tradizionali", dove il tasso di alterità rispetto al mondo è maggiore, con il rischio di apprezzare solo l'aspetto estetico, poi fatichi a prendere in carico i problemi dell'oggi, se non attraverso il desiderio di un "ritorno" ad un fantomatico passato ideale.

          E allora le richieste delle mie studentesse hanno una loro dignità, ci dichiarano un disagio reale. Loro sono cresciute ad internet più che con la tv. E immaginano una messa in cui le emozioni le colpiscano perché loro stesse si sentono parte di quella celebrazione. Forse l'interattività di internet è più vicina alla logica partecipativa della messa che non la passività della tv, logica in cui, invece, siamo stati allevati noi. E mente noi diamo per scontato che sia giusta la nostra passività nella celebrazione, loro non la accettano.

          Ma in entrambi i casi ho la sensazione che il grande assente dello stile della nostra messa sia il corpo. Che, sia rispetto alla tv che a internet, è infatti messo fortemente da parte. Eppure, lì noi celebriamo proprio il dono di un corpo, quello di Cristo per noi, e nutrendoci di Lui ci impegniamo così a donare il nostro, come Lui. Non è una contraddizione?

 

 

Gilberto Borghi

 

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