Dopo la condanna della maternità surrogata da parte del Parlamento Europeo, nella riunione del 15 marzo...
L’Europa si sveglia. Anche se per un soffio – 16 voti contrari e 15 a favore- la Commissione Affari sociali dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, nella seduta tenutasi il 15 marzo a Parigi, ha respinto un progetto di relazione dal titolo “Diritti umani e questioni etiche legate alla maternità surrogata” presentato dalla senatrice belga Petra De Sutter con la finalità di regolamentare la surrogacy.
La relazione, per la verità, non ha mai avuto “vita facile”. Sin dalla sua presentazione, l’attenzione si è concentrata prevalentemente sul suo relatore. Petra De Sutter, infatti, non ha mai nascosto la sua posizione a favore della maternità surrogata. In un articolo riportato dal quotidiano belga La Libre il 3 febbraio 2015, De Sutter ha affermato di essere favorevole ad una “regolamentazione liberale della maternità surrogata, ma accompagnata da un divieto di ogni forma di maternità surrogata commerciale”. Tuttavia, pur osteggiando la possibilità che una donna accetti la pratica della maternità surrogata dietro un compenso in denaro, è evidente che rimane aperto il problema circa una sua eventuale remunerazione in altro modo.
Inoltre, la stessa posizione rivestita da De Sutter nel campo della surrogacy ha insinuato dubbi tra i suoi colleghi al Consiglio d’Europa e non solo, circa un potenziale conflitto di interessi. La senatrice belga, infatti, è ginecologo di professione e capo del Dipartimento per la medicina riproduttiva presso l’Ospedale Universitario di Gand, Belgio – uno dei quattro ospedali belgi che praticano la maternità surrogata, nonostante l’assenza in Belgio di un chiaro quadro giuridico in merito. Oltre a ciò, De Sutter ha collegamenti pubblici con la clinica indiana “Seeds of Innocence”che opera maternità surrogata commerciale. Detto ciò, è evidente che c’erano tutti gli elementi necessari per sollevare un caso di “eventuale” conflitto di interesse. Non a caso, nel corso della seduta della Commissione Affari sociali, tenutasi nel novembre scorso sempre a Parigi, alcuni deputati hanno chiesto di rinviare la discussione sulla relazione al fine di verificare meglio la posizione di De Sutter nel campo della surrogacy. La questione è stata sollevata in virtù del fatto che, come si legge nel paragrafo 8 del Codice di condotta, i membri della APCE (Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa) “devono evitare conflitti tra gli interessi economici, commerciali, finanziari o di altro tipo, effettivi o potenziali, con il livello professionale, personale o familiare, da un lato, e con l’interesse pubblico ai lavori dell’Assemblea, dall’altro “.
Nonostante ciò, nel gennaio scorso, la Commissione ha deciso di bypassare la questione non tenendo conto del “potenziale” conflitto di interesse, chiedendo che si portasse ai voti la relazione. Tuttavia, questa non è stata l’unica anomalia rilevata. Anche la decisione di discutere e votare il testo della relazione a porte chiuse lo scorso 15 marzo, ha lasciato qualche ombra sulla correttezza e trasparenza della procedura stabilita, come hanno evidenziato anche alcuni delegati italiani in una conferenza stampa alla Camera dei deputati lo scorso 8 marzo.
Quello che è certo è che il voto del 15 marzo segna un piccolo primato storico: fonti interne all’APCE sostengono che è la prima volta che un progetto di relazione viene bloccato in Commissione senza giungere alla discussione dell’Assemblea parlamentare. Altro elemento che, oltre ad essere un segnale forte, la dice lunga sulla delicatezza della situazione non solo sul piano etico, ma anche a livello politico e istituzionale. In effetti, approvare una relazione che favorisse, in un modo o nell’altro, la pratica dell’utero in affitto da parte della Commissione avrebbe significato entrare inevitabilmente in rotta di collisione con la condanna della surrogacy emessa dal Parlamento Europeo nel dicembre scorso.
In ogni caso, le organizzazioni che si sono mobilitate per fermare la relazione De Sutter – tra cui anche diversi sostenitori della petizione NoMaternityTraffic che hanno manifestato davanti alla sede della Commissione a Parigi insieme femministe francesi di “Corpus”- hanno espresso la loro soddisfazione per l’esito del voto.
“La maternità surrogata non può mai essere accettabile, qualunque siano le motivazioni di fondo. Sfrutta i corpi delle donne, lede la loro integrità e dignità e trasforma i bambini in una merce. In ogni sua parte, essa è una forma contemporanea di sfruttamento che contiene molte caratteristiche della schiavitù” afferma Antoine Renard, presidente della FAFCE (Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche in Europa), organizzazione che, forte del suo status partecipativo presso il Consiglio d’Europa in quanto membro della Conferenza delle organizzazioni internazionali non governative dell’APCE, ha seguito da vicino sin dall’inizio il lavoro della Commissione “fornendo indicazioni sul voto ed elaborando proposte legislative ai membri della Commissione”, come si legge nel comunicato diramato dalla Federazione cattolica. Ora il lavoro da fare, fanno sapere dalla FAFCE, sarà quello di “vigilare e monitorare l’evolversi della situazione in seno al Consiglio d’Europa nei prossimi mesi”. Della serie: “è stata vinta una battaglia, ma non la guerra”.
Dopo il Parlamento Europeo che nel dicembre scorso, come già accennato, aveva approvato una risoluzione con la quale si condannava duramente la pratica della maternità surrogata definendola “una questione d’urgenza in materia di diritti umani”, ora anche il Consiglio d’Europa, bloccando il report pro-surrogacy in Commissione, inizia a prendere posizione su una questione che vede tirati in ballo i diritti di donne e bambini. Diritti che, dunque, non possono più essere ignorati.
Carlo Mascio
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