Visitare i malati: Vincenzo Cascino, infermiere e clown

Dalla Sicilia un'esperienza di misericordia nelle corsie d'ospedale...

Visitare i malati: Vincenzo Cascino, infermiere e clown

 

Per la nostra rubrica oggi ospitiamo Vincenzo Cascino, che visita i malati ogni giorno: fa l'infermiere. A questa professione però si affiancano altri due aspetti fondamentali: è Salesiano Cooperatore ed è anche un clown!

 

Buona lettura!

 

 

 

 

Ciao Vincenzo! Presentati, raccontandoci un po' di te...  

 

Sono nato a Gela il 24/06/1980, sin da piccolissimo ho frequentato i salesiani grazie ai miei genitori. Frequentavo l'oratorio SDB ed FMA. Mi sono innamorato di don Bosco leggendo il libricino illustrato “il piccolo saltinbanco”e fu così che mi nacque la passione per i giochi di prestigio e per la giocoleria. Poi crescendo dai sei anni in su, andavo quasi ogni giorno in oratorio SDB, giocando a calcio con la PGS, poi catechismo, post cresima ed ogni estate il GREST (estate ragazzi) prima da grestino e poi da animatore. Nel frattempo ho studiato musica (chitarra e tromba) e ho iniziato ad imparare giochi di prestigio, giocoleria, clowneria, bolle di sapone giganti.Una cosa che mi colpì di Don Bosco fu la ricetta per la santità, che consiste nell' essere sempre allegri, compiere bene i propri doveri e la preghiera per compiere gesti di carità. Questa prescrizione di don Bosco per i suoi giovani mi fece pensare che in fondo non è impossibile aspirare alla santità, soprattutto se si hanno come migliori amici Gesù e Maria. Questa amicizia speciale, continua ancora ora e mi ha accompagnato fin ora sempre ed ovunque. In seguito ho scelto di fare l'infermiere, perchè una professione che mi permetteva di aiutare gli altri, cosa che ho sempre sentito nel cuore come spontanea. E in contemporanea all'università ho iniziato a far clownterapia. Nel frattempo ho maturato la vocazione ad essere salesiano laico, quindi salesiano cooperatore con promessa fatta il 31/01/2004. Dal 1/02/2004 ho iniziato a lavorare come infermiere in giro per l'Italia cambiando in otto anni nove città, cercando ovunque la mia famiglia salesiana. Ora lavoro a Palermo in un ospedale pediatrico e sono consigliere provinciale dei Salesiani cooperatori della Sicilia, come responsabile della Pastorale giovanile e dei centri della Sicilia Occidentale. Inoltre da un anno faccio formazione ad un gruppetto di giovani aspiranti salesiani cooperatori. E a Novembre per la prima volta con la grazia di Dio e grazie alla mia amata Nazarena sarò papà.

 

Sei infermiere e fai clown terapia. In cosa consiste?  

 

Sono un Infermiere come tanti, cioè mi occupo di fare assistenza ai bisogni dei miei pazienti, ma lo faccio utilizzando come strumento relazionale il mio essere animatore, clown, prestigiatore in modo salesiano, cercando di trasmettere la gioia, sorrisi, attimi di stupore, facendo dimenticare almeno per un istante la malattia. Il mio approccio alla persona è di tipo Olistico, ossia guardando l'essere come un insieme di corpo, mente e spirito. Coltivando il pensiero positivo facendo leva su ciò che di positivo ha ogni essere umano anche nella malattia. Cercandoil punto accessibile al bene e alla gioia e soprattutto all'amore insito in ogni uomo/donna e bambino.

 

Com’è nata questa tua passione? Chi o cosa ti ha ispirato? ‚Äã

 

La passione per le arti di animazione, mi è nata veramente grazie a Giovannino Bosco, l'idea della clownterapia invece è stata ispirata dalla visione del film su Patch Adams il medico clown interpretato da Robin Williams. Una sua espressione mi ha colpito in modo particolare, dice: “ Se ci si occupa della malattia si perde sempre, perchè prima o poi tutti muoiono, se ci si occupa della persona, allora si può vincere, perchè tutti possono aprirsi alla vita”.

 

Cosa significa per te STARE CON  I MALATI? Si tratta solo di LAVORARE CON LORO, oppure c’è qualcosa di più?  

 

Questo lavoro è per me una grazia immensa per vari aspetti. Mi ha permesso di apprezzare la presenza dei miei genitori nella mia vita. Mi ha permesso di ricordarmi che nulla di quello che ho nella vita è scontato. Il risveglio non è scontato, perchè qualcuno non si è svegliato, il poter aprire gli occhi e guardare attorno a me, il potersi alzare dal letto, poter mangiare, poter andare in bagno, nulla di tutto ciò è scontato, perché, molti non possono fare una o più di queste cose. Ho imparato a salutare il nuovo giorno con un sorriso fatto con il cuore e con le labbra, ricordandomi di dire grazie a Dio e affidandogli il nuovo giorno. Ho imparato a dire a lavoro “faccio quel che posso io e il resto lo lascio fare a Dio” , questo soprattutto in reparti come l'oncoematologia pediatrica o comunque reparto con malati terminali. Questa professione mi ha fatto crescere, mi ha fatto riflettere sul senso della vita, della malattia e della morte, domande alle quali ovviamente ho dato una mia risposta. Volete saperla? Ho compreso che l'unica cosa che da senso alla vita è l'amore. L'Amore vero, che è il motore della vita. Ho visto pazienti con la SLA (sclerosi laterale amiotrofica) malattia invalidante al 100%, uomini che nonostante potessero muovere solo gli occhi, essendo amati, non hanno mai desiderato morire, ma che davano coraggio ai propri cari e a chi gli stava accanto. Ho visto tante mamme di bambini neurologici, di quelli di cui la gente comune dice che sono dei vegetali e che non hanno motivo di vivere,che invece venivano riempiti di amore con la massima dedizione e mai ho sentito dire da queste mamme espressioni quali: sarebbe stato meglio abortire o che tu fossi morto/a, riferendosi al proprio figlio/a. Per me da cristiano stare con gli ammalati, vuol dire stare con Gesù sofferente. E' una professione privilegiata nella quale sperimentare l'espressione di San Francesco “c'è più gioia nel dare che nel ricevere”. Tengo nel cuore i sorrisi di tanti pazienti, di tanti bambini, alcuni dei quali ora non sono più in questo mondo. Ecco l'unica speranza in questi casi, per l'uomo è in Cristo con la risurrezione. Quando mi chiedevo quale il senso della vita di un bimbo che nasce e piccolissimo deve soffrire e morire, quanta fatica a darsi e trovare una risposta. Ho pensato però che se questa fosse stata la vera vita, Cristo non sarebbe morto, ho pensato che Maria con il suo sì a Dio non ha avuto una vita di Agi, anzi... E' dovuta scappare in esilio, partorire in terra straniera in una mangiatoia, ha provato lo smarrimento del figlio, ha provato la vedovanza e poi la cosa più difficile da sopportare, ossia la morte del figlio innocente ammazzato come un malfattore. Ma nonostante tutto il suo vivere per amore e per amare in Gesù le ha permesso di vivere oltre la vita, cioè il suo amore e la sua presenza continua ad esserci ancora oggi. Questo è quello che è capitato ai grandi santi, che avendo scelto di vivere non per se stessi ma per gli altri amandoli in Gesù, sono ancora vivi grazie a molti uominie donne che continuano le loro opere. Ritornando a me con questa consapevolezza cerco di assistere nel migliore dei modi possibili, lavorando con conoscenza, scienza, coscienza e AMOREVOLEZZA. Questo amore che è riflesso dell'immenso amore cheGesù mi mette nel cuore, mi ha permesso di ritrovarmi ogni sera ricco di una ricchezza che nessuno mai potrà rubarmi ne tassarmi, questa ricchezza che si chiama amore, che da la pace e la gioia nel cuore.

 

Oggi che cosa vuol dire stare con gli ammalati? Che tipi di malattia incontri ogni giorno nel tuo lavoro?  

 

Oggi, in un mondo frenetico, in cui si corre sempre e l'uomo si sente padrone della vita e del creato, stare in ospedale, stare con gli ammalati e/o essere ammalato, vuol dire fermarsi, vuol dire spesso perdere tante certezze, vuol dire riflettere su cosa si è seminato nella propria vita. Si dice che la malattia sia un tempo di grazia che permette all'uomo di vedere che strada ha percorso e magari di capire che strada vuole percorrere. E' il momento in cui si può crescere, si possono comprendere degli errori. E' il momento di capire chi ci ama veramente.

Il reparto in cui lavoro per ora è la gastroenterologia pediatrica in cui ci sono bambini da pochi mesi fino a 14 anni che hanno problemi di alimentazione, intolleranze o malattie all'apparatogastro intestinale, tra cui malattie croniche degenerative che colpiscono l'intestino.

 

Sei Salesiano Cooperatore. In che misura il carisma di don Bosco ha segnato il tuo cammino lavorativo e in che modo vivi il carisma salesiano in ospedale?

 

Il mio essere salesiano ha segnato ogni momento della mia vita, della mia crescita. Ho quando possibile scelto di lavorare con i bambini e con i giovani per poter così vivere la mia salesianità. Mi approccio a loro con giochi di prestigio, bolle di sapone, occhialoni giganti, cerco di vivere quelli che credo siano aspetti fondamentale per un salesiano, ossia “accoglienza con amorevolezza”; “far sentire ogni bambino/giovane, unico e speciale”;cercare di vivere quel “ non basta amare i giovani ma occorre che essi si accorgano di essere amati”. La cosa bella è quando dopo aver fatto una puntura o comunque una manovra dolorosa sui bambini, un secondo dopo spingono le braccia per farsi prendere in braccio o mi chiedono giochi di prestigio. Quando arrivo in reparto i bambini mi aspettano e poi mi cercano, e quando ho un attimo libero sono cono loro a cercare di regalargli sorrisi. I bambini sono la cosa più preziosa che il mondo ha, la parte più sana della società, quindi un dono speciale poter lavorare con loro che ci insegnano ad essere semplici, a saper sorridere per poco, saper apprezzare quello che si ha, in questo credo sia pure il “ se non rimarrete come i bambini non entrerete nel regno dei cieli”.Fino ad oggi non sono mai andato a lavorare con il pensiero che il lavoro fosse un peso, ma vado a lavoro con gioia.

 

Papa Francesco ha indetto il Giubileo Straordinario della Misericordia. Cos’è per te la MISERICORDIA?  

 

La misericordia è Dio che è amore che è il tutto in cui trova compimento la vita di ognuno. La misericordia è comprendere la propria piccolezza dinanzi alla grandezza di Dio, ma è anche la certezza che siamo amati di un amore infinito che non è proporzionale al nostro essere, al nostro agire o alla nostra capacità di amare. La misericordia di Dio ha trovato massima espressione nel donarci il figlio Gesù morto per noi sulla croce INGIUSTAMENTE. Riconoscere la misericordia di Dio vuol dire comprendere il vero messaggio biblico che non è il Dio delle punizioni ma della parabola del padre misericordioso, questo Dio che da speranza a tutti e fino alla fine come con il buon ladrone. Nella vita si può sbagliare perché uomini e donne di carne e sempre stuzzicati dal male, ma la certezza che se diciamo a Dio, padre perdonami perché ho compreso il mio errore, allora sperimenteremo la gioia piena e vera, sentiremo la pace del cuore. Sappiamo che nel Padre Nostro Gesù ci dice che saremo perdonati se sapremo perdonare, ma quanto è difficile perdonare. Lui ci chiede di non perdonare una, due o tre volte, ma settanta volte sette, mission impossibile per ogni umano a meno che…Non si viva in grazia di Dio e Lui trasforma il nostro cuore e lo rende capace di perdonare o meglio di Amare senza se e senza ma. Quando uno riesce a perdonare ha la pace nel cuore e lo si vede dalla luce che ha negli occhi e la serenità che trasmette. Quando invece non si sa perdonare e si tiene odio, ira, rancore, invidia, ecco che il volto diventa scuro, la testa non la si può sempre tenere alta e il cuore è cupo

 

Come dice papa Francesco, cerchiamo di creare ed essere oasi di misericordia.

Che il desiderio di santità con salesianità ci accompagni e la gioia ci perseguiti sempre ed ovunque.

Per essere felici oggi e per l’eternità.

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