“Se le popolazioni del Sahel non verranno presto aiutate, 11 milioni di persone rischieranno di morire di fame”. È l'allarme lanciato dalle Nazioni Unite riguardo alla situazione nei Paesi africani della fascia semidesertica a ridosso del Sahara.
“Se le popolazioni del Sahel non verranno presto aiutate, 11 milioni di persone rischieranno di morire di fame”. È l’allarme lanciato dalle Nazioni Unite riguardo alla situazione nei Paesi africani della fascia semidesertica a ridosso del Sahara. Secondo l’Onu la crisi siriana sta infatti assorbendo i principali finanziamenti e agli aiuti per il Sahel servono ancora 1,7 miliardi di dollari. A questo si aggiunge il conflitto in Mali che ha causato centinaia di migliaia di rifugiati e sfollati interni. Marco Guerra ne ha parlato con Moira Moracelli, responsabile per l’Africa Occidentale della Caritas Italiana, che ha da poco visitato le zone coinvolte nell’emergenza:
R. - C’è una crisi che potremmo definire “strutturale” che può essere aggravata e acutizzata da una stagione delle piogge che può non essere buona. Inoltre i conflitti, in particolare il conflitto nel nord del Mali, che aggravano la situazione. Quindi, c’è preoccupazione anche perché sembra una crisi abbastanza dimenticata dai media. La seguiamo con molta attenzione essendo in contatto anche con i direttori delle Caritas dei Paesi, in particolare del Niger, del Mali, del Senegal e del Burkina Faso.
D. - Una crisi che sembra dimenticata anche dai donatori internazionali. Sempre secondo l’Onu mancano all’appello 1,7 miliardi di donazioni…
R. - Nell’analisi che si fa in generale, anche a livello delle Caritas locali, si vede che dopo una grande mobilitazione che c’è stata nel periodo del picco della crisi - fra la fine del 2010 e gli inizi del 2011 ed il 2012 - ora le donazioni e i partenariati stanno diminuendo. Pertanto la situazione rimane preoccupante.
R. - E la guerra in Mali, dunque, ha aggravato la situazione nel Sahel...
D. - Il conflitto nel Nord del Mali ha portato, aggravato e acutizzato la situazione nel Paese e nei Paesi limitrofi, in particolare nelle zone frontaliere. I dati ufficiali parlano oggi di 527 mila persone sfollate interne, 174 mila rifugiati; quindi circa 700 mila persone che hanno bisogno di aiuto e di assistenza in Mali. Questi sono i dati Ocha (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) delle Nazioni Unite del 20 giugno. Anche secondo i gruppi delle Nazioni Unite riguardanti la sicurezza alimentare circa tre milioni e mezzo di persone subiscono gli effetti della crisi, e circa un milione e mezzo di persone hanno bisogno immediato in Mali. Questi sono dati concreti che danno un po’ il livello della situazione.
D. - L’instabilità politica nei Paesi della regione quanto si ripercuote su queste continue crisi alimentari ed umanitarie?
R. - Sicuramente tutti i fattori sono legati, per questo tali crisi vengono definite anche “crisi complesse”: fattori politici, fattori ambientali - climatici e naturali - si intersecano fra di loro. Non dimentichiamo che climaticamente, a livello di territorio, c’è una grande fragilità di questi Paesi e le crisi politiche sicuramente influiscono sul sistema, sulle crisi, sulla fragilità di questi Paesi.
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