Ci sono film che con le loro trame ci raccontano storie avvincenti, che parlano a noi e ci aprono a diverse riflessioni, oltre a farci tenere incollati con il fiato sospeso sui nostri divani. Questo mese vi segnaliamo il film "Comandante" sul salvataggio di vite umane in tempi di guerra
Anno di uscita: Ottobre 2023
Genere: Bellico-drammatico, Biografico, Drammatico, Storico
Durata: 180 min.
Regista: Edoardo De Angelis
"Noi affondiamo il ferro nemico, senza pietà. Ma l'uomo, l'uomo lo salviamo!".
All’inizio della Seconda guerra mondiale Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e carico di materiale bellico inglese, che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l'equipaggio italiano. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”.
Chi è davvero forte? Cosa vuol dire essere italiani? Me lo chiedevo con insistenza quando nel 2018 mi imbattei nel racconto illuminante dell’Ammiraglio Pettorino, riportato in occasione del 123esimo anniversario della Guardia Costiera. Pettorino, in un clima di porti italiani chiusi ai naufraghi, di donne, bambini, uomini inermi morti affogati in mare, ebbe l’esigenza di dire ai propri marinai come comportarsi. Scelse la strada della parabola e raccontò la vicenda straordinaria di Salvatore Todaro, il sommergibilista italiano che in guerra affondava le navi nemiche ma salvava gli uomini. Questo prescrive la legge del mare, così si è sempre fatto, così sempre si farà. L’uomo alla guida di una trireme romana duemila anni fa è lo stesso che comanda un sommergibile nel 1940, in Atlantico, in piena guerra. Quell’uomo si chiama Salvatore ed è forte. Affonda il ferro delle navi nemiche senza paura e senza pietà. Ma il nemico inerme non è più nemico, è solo un altro uomo e allora lo salva. Perché l’essere umano davvero forte è quello capace di tendere la mano al debole. Salvatore conosce le leggi eterne che governano il cielo e il mare e sa che sono superiori a qualunque altra legge: chi salva un solo uomo, salva l’umanità.
Nato a Messina nel 1908 da famiglia di origine agrigentina, Salvatore Todaro cresce a Sottomarina di Chioggia, dove sviluppa la sua passione per il mare. Si trasferisce a Livorno nel 1923, a quindici anni, per frequentare l’Accademia Navale, che farà di lui un Guardiamarina al termine del corso di studi, nel 1927. Negli anni successivi diviene ufficiale della Regia Marina e fa esperienza sulle unità navali di superficie e anche su mezzi di supporto della Regia Aeronautica. È durante un’esercitazione a bordo di un idrovolante che nel 1933 un incidente gli procura la lesione della colonna vertebrale. La lesione potrebbe valergli congedo illimitato e pensione d’invalidità, ma Todaro decide di proseguire l’attività al servizio della Marina con l’ausilio di un busto metallico che gli procurerà dolori e disagi per il resto della vita. Nel 1936 è il suo primo imbarco su un sommergibile, il “Marcantonio Colonna”, come secondo ufficiale. Il suo primo comando è del 1937. Raggiunto il grado di Capitano di Corvetta, all’inizio della Seconda guerra mondiale ottiene il comando del nuovissimo sommergibile “Cappellini”, a bordo del quale parteciperà alla Battaglia dell’Atlantico insieme agli U-boot tedeschi. In due successive missioni, nell’ottobre del 1940 e nel gennaio del 1941, affonda due mercantili armati di supporto alle forze alleate e dopo il loro affondamento trae in salvo i marinai superstiti per sbarcarli in porti neutrali, ottemperando alla legge del mare. Per questo viene redarguito dal comandante in capo dei sommergibilisti tedeschi, Karl Dönitz, che lo apostrofa con l’epiteto di “Don Chisciotte dei mari”. La replica di Todaro è secca: “Sono un italiano, ho duemila anni di civiltà sulle spalle, e queste cose continuerò a farle”. (A Norimberga Karl Dönitz, riconosciuto estraneo agli obbrobri dell’olocausto, verrà condannato a dieci anni di reclusione per “crimini contro le leggi di guerra”, con l’accusa di avere dato ordine, dopo l'affondamento del mercantile armato britannico Laconia, di non soccorrere i sopravvissuti). Nel novembre 1941 Todaro passa al servizio della X Flottiglia MAS, con la quale prende parte al blocco del porto di Sebastopoli nel Mar Nero, contro le forze della marina sovietica. Da notare, per non incorrere in equivoci calunniosi, che al tempo del suo passaggio per questo reparto d’assalto della Regia Marina, la X Mas non è ancora diventata la vergogna e il disonore dell’esercito italiano, cosa che avviene dopo l’8 settembre 1943 quando il suo fondatore, Junio Valerio Borghese, decide di farne una teppa di aguzzini al servizio dei nazisti e della Gestapo, responsabile di rastrellamenti e di torture nei confronti di ebrei italiani e di partigiani. Orrori dei quali Todaro non è nemmeno venuto a conoscenza poiché nel dicembre del 1942, lasciata la X Mas e tornato in Mediterraneo al comando del peschereccio armato Cefalo, trova la morte all’età di 34 anni dopo un attacco al porto tunisino di Bona, raggiunto nel sonno da una raffica di mitraglia sparata da uno Spitfire inglese. Di personalità poliedrica e anticonformista, Todaro era monarchico convinto e cattolico osservante ma aveva anche approfondito pratiche eterodosse ed esoteriche come lo yoga, l’occultismo e lo spiritismo, delle quali si serviva durante le missioni. È stato soprannominato “Mago Baku” dal suo equipaggio sul Cappellini a causa delle intuizioni improvvise grazie alle quali è riuscito più volte a salvare l’imbarcazione dall’affondamento. Sposato nel 1933 con Rina Anichini, ha avuto due figli: Gian Luigi (1939-1992) e Graziella Marina (1943), nata pochi mesi dopo la sua morte. Nel corso della sua carriera ha ottenuto una Medaglia d’Oro, tre Medaglie d’Argento e due Medaglie di Bronzo al Valor Militare. In sua memoria la Marina Militare ha assegnato il suo nome prima alla Corvetta Anti Sommergibili “Salvatore Todaro” appartenente alla classe “De Cristofaro” in servizio tra il 1966 e il 1994 e poi al sommergibile U212A “Salvatore Todaro”, primogenito della nuova omonima Classe, varato nel 2003 e tuttora in servizio. A lui sono intestate una piazza e una scuola primaria di Chioggia, la città nella quale è cresciuto. Nel 2023 la Fondazione Gariwo lo ha inserito nell'Enciclopedia dei Giusti dell’Umanità e un olivo sarà piantato in suo onore nel Giardino dei Giusti di Civitavecchia.
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