Cosa chiediamo ai bambini

I tempi sono cambiati, e con loro i bambini: tremavo all'idea di spiegare a mio figlio che cosa vuol dire provare in Quaresima a darsi un limite...

Cosa chiediamo ai bambini

 

Con molle sufficienti sotto ai piedi, avrei fatto un salto in Cielo per chiedere consiglio alla venerabile Nennolina, che a sei anni ha offerto la sua gambina col tumore a nostro Signore, e a sette la vita tutta intera. Già che c’ero, mi sarei fatto indicare pure la scranna di Lucia, già pastorella di Fatima, che prima delle medie aveva visitato l’inferno dal vero, indossava il cilicio, e faceva digiuno con la sicurezza che il pranzo che non prendeva si poteva scambiare con un bel colpo da dietro a una qualche stortura.

 

I tempi sono cambiati, e con loro i bambini, e io ho scarpe normali: tremavo all’idea di spiegare a mio figlio che cosa vuol dire rinunciare, provare in Quaresima a darsi un limite in un ambito a scelta, con lo scopo non solo di tonificare gli addominali interiori (gli unici che ormai tengo in considerazione), ma pure di rendere più sano l’universo intero. Si rischia la galera ad accostare “sacrificio” e “bambini”. È un falso pudore che serve solo a rimanere senza fiato nei reparti pediatrici degli ospedali.

 

Pensiamo i bambini come dei contenitori che, a causa di un metro in meno di statura, non hanno la capienza per sopportare certe grandi questioni. Eppure è permesso, è richiesto, anche a loro di soffrire. E se provo a pensare allo volte che ho pianto sul serio, alle elementari, non ricordo certo lacrime su misura, o un dolore più carino, con gli angoli rotondi e incollati sopra gli adesivi. Ammettiamolo: i figli sono strutturati per accedere a misteri tali e quali a quelli che competono ai loro genitori. Dio li prende sul serio, i bambini.

 

“Insomma, tu puoi decidere di non mangiare il quinto Tic Tac e di offrirlo per una cosa che ti sta a cuore, intendo, non il Tic Tac, l’intenzione”. Mi guarda come quando ha capito. “Sul serio? Hai capito?” Forse qualcuno, in un posto lontano, ha sacrificato il suo Tic Tac perché una risibile spiegazione risultasse sufficiente al mio Michelino. Ma io continuo a sospettare che li sottovalutiamo.

 

 

Emanuele Fant

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