«In questa terza domenica quaresimale siamo invitati a scendere dalle vette della profonda contemplazione per fare i conti con la realtà del quotidiano»... L'omelia della Domenica.
Purificati dal superamento delle tentazioni (prima domenica di quaresima), siamo stati abilitati a salire sul Tabor per contemplare la divinità di Gesù durante la sua Trasfigurazione (seconda domenica).
In questa terza domenica quaresimale siamo invitati a scendere dalle vette della profonda contemplazione per fare i conti con la realtà del quotidiano. E' in questo contesto che dobbiamo inserire l'incontro di Gesù con la donna di Samaria.
Tutte le volte, che rileggo il racconto presentatoci da Giovanni, mi ritornano alla memoria le parole del filosofo scrittore Emil Cioran che accusava la chiesa occidentale di aver compiuto un delitto estremo: aver devitalizzato ed essiccato la potenza generatrice del Vangelo trasformando il cattolicesimo in un galateo amorfo e non, come dovrebbe essere, in una fonte genuina di stupore e di scandalo capace di fecondare cervelli ed amori.
Gesù e la Samaritana sono due persone vive e dal cuore caldo capaci di disintegrare gli stereotipi comportamentali ed i pregiudizi religiosi ed instaurare fra loro una relazione schietta, sincera e libera che scandalizza quei parrucconi di apostoli che osservano da lontano e quei moralisti di samaritani che sbirciano dalle loro abitazioni. Quello che si presenta ai loro occhi li sorprende, scandalizza ed indigna. Un buon ebreo, per nessun motivo al mondo, può fermarsi ad interloquire con un immondo samaritano: ne va di mezzo la purità culturale! Se poi si tratta di una donna la storia comincia ad essere equivoca. Se a questo aggiungiamo che si tratta di una persona piuttosto allegra e disinibita nei suoi comportamenti, sfociamo inevitabilmente nello scandalo.
Fra ebrei e samaritani c'è un odio viscerale che risale a secoli prima. La reciproca ostilità, e Gesù e la samaritana lo sanno benissimo, aveva raggiunto l'apice al momento della grave profanazione del Tempio di Gerusalemme da parte dei samaritani che, nel 6-9 d.C., avevano sparso ossa umane bloccando così la celebrazione della Pasqua ebrea. Il vangelo di Luca (9,54) ci dice che lo stesso Giovanni li odia cordialmente quando chiede a Gesù di far scendere su di loro un fuoco dal cielo che li incenerisca. Insomma, il clima è più favorevole allo scontro che all'incontro. La disposizione d'animo è più predisposta ad attingere veleno che acqua fresca e dissetante. Il tono verbale della donna è secco e scontroso: "Come mai tu che sei ebreo chiedi da bere a me che sono samaritana?". Anche Gesù non scherza. Lui che mai va a indagare nella privacy altrui le elenca i cinque mariti più amante al seguito. C'è motivo per una baruffa tra i due con tanto di legnate. Perché questo non si verifica?
Perché si tratta di due persone intelligenti. La samaritana comprende che Gesù non la giudica per i suoi cinque mariti.
Capisce che il termine usato da Gesù, Baal, vuol dire sì marito, ma anche divinità. Gesù non si riferisce alle sue storie amorose, ma alle cinque divinità a cui i samaritani avevano eretto templi su altrettante colline della regione. Ad entrambi non interessa il moralismo: Gesù è preoccupato solo della vera fede; la donna, per niente pentita del suo passato, è alla disperata ricerca di senso.
Sia la vera fede che il genuino senso del vivere, non sono legati al fatto di pregare Dio a Gerusalemme o sul monte Garizim. Non è questione di luogo, di morale, di chiesa o di religione.
Ma di trovare l'Amore che solo abilita la fede e dà pienezza al vivere. Se si cerca insieme questo Amore, anche il secchio ritrova la sua vera funzione: quella di attingere l'acqua dal pozzo da condividere insieme e non quella di trasformarsi in un oggetto contundente da sfasciare sulla zucca di coloro che non la pensano o non agiscono come noi.
Don Ermete Tessore sdb
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