Discorso del Papa ai religiosi

Per la conclusione dell'Anno della Vita consacrata Francesco richiama...

Discorso del Papa ai religiosi

 

Papa Francesco ha messo in guardia i cinquemila religiosi e le religiose ricevuti in udienza per la conclusione dell’Anno della Vita consacrata, dal rischio di attaccarsi al denaro, «sterco del diavolo», come reazione al calo delle vocazioni (una «sterilità» che non deve indurre alla tentazione della «disperazione»), raccomandando l’obbedienza, perché l’anarchia è «figlia del demonio», e la «prossimità», a partire da quella con confratelli e consorelle, evitando il «terrorismo» delle chiacchiere nelle comunità religiose. 

 

Francesco ha messo da parte il discorso scritto che aveva preparato («è un po’ noioso leggerlo, preferisco parlare con voi di quello che mi viene al cuore, d’accordo?»), scandendo a braccio il discorso con tre parole-chiave, profezia, prossimità e speranza.  

 

Quanto alla speranza, ha detto il Papa, «vi confesso che a me costa tanto quando vedo il calo delle vocazioni, quando devo ricevere i vescovi e domando “quanti seminaristi avete?”, “quattro, cinque…”, quando voi nelle vostre comunità religiose, maschili e femminili, un novizio, una novizia, due, la comunità invecchia, invecchia, quando ci sono monasteri grandi portati avanti da quattro o cinque suore vecchiette fino alla fine: questo mi fa venire una tentazione contro la speranza: “Ma Signore cosa succede, perché il ventre della vita consacrata diventa tanto sterile?”. Alcune congregazioni fanno l’esperimento della inseminazione artificiale – ha proseguito il Papa suscitando le risate – cosa fanno? Ricevono (indiscriminatamente, ndr), “vieni, vieni” e poi i problemi che ci sono lì dentro… si deve ricevere con serietà, si deve discernere bene che questa è una vera vocazione a aiutarla a crescere. E credo che contro la tentazione di disperazione che ti dà questa sterilità dobbiamo pregare di più. E pregare senza stancarci. A me fa tanto bene leggere quel brano della Scrittura dove Anna, la mamma di Samuele, pregava, chiedeva un figlio, io vi domando: il vostro cuore davanti a questo calo delle vocazioni prega con questa intensità? “La nostra congregazione ha bisogno di figli, di figlie”? Il Signore che è stato tanto generoso non mancherà la sua promessa, ma dobbiamo chiedere, dobbiamo bussare alla porta del suo cuore. Perché c’è un pericolo, è brutto ma devo dirlo, quando una congregazione religiosa vede che non ha figli e nipoti e comincia a essere sempre più piccola si attaccano ai soldi. E voi sapete che i soldi sono lo sterco del diavolo, ma quando non possono avere la grazia di avere vocazioni e figli, pensano che i soldi salveranno la vita e pensano alla vecchiaia, “che non mi manchi questo e quello”, e così non c’è speranza. La speranza è solo nel Signore, i soldi non te la daranno mai, al contrario ti butteranno giù».  

 

Quanto alla «profezia», il Papa ha concentrato la sua attenzione sul tema della «obbedienza»: serve, ha raccomandato il Papa gesuita, una «obbedienza forte, un’obbedienza, non militare, no, quella è disciplina che è un’altra cosa, ma una obbedienza di donazione del cuore: questo è profezia. “Ma tu non hai voglia di fare una cosa?”, “Sì ma secondo le regole devo fare questo e questo e secondo le disposizioni questo e questo”. E se non vedo chiaro, parlo col superiore e la superiora, ma dopo il dialogo obbedisco. Questa è la profezia, contro il seme della anarchia che semina il diavolo. “Tu che fai?”, “Quello che mi piace”. L’anarchia della volontà è figlia del demonio, non è figlia di Dio – ha sottolineato il Papa – il figlio di Dio non è stato anarchico, non ha chiamato i suoi a fare una forza di resistenza contro i suoi nemici, anche lui lo ha detto a Pilato: se io fossi un re di questo mondo avrei chiamato i miei soldati per difendermi. No, lui ha obbedito al padre, ha chiesto solo “questo calice no, ma si faccia quello che tu vuoi”, e quando lui vi dice una cosa che forse tante volte non ci piace», ha proseguito il Papa con un gesto della mano lungo il mento, «il mio italiano è tanto volte povero, devo parlare il linguaggio dei sordomuti», ha spiegato, «l’obbedienza si deve ingoiare, ma si fa».  

 

Quanto alla «prossimità», i religiosi sono «uomini e donne consacrate, ma non per allontanarsi dalla gente e avere tutte le comodità, no, per avvicinare e capire la vita dei cristiani e dei non cristiani, le sofferenze, i problemi, le tante cose che soltanto si capiscono se un uomo o una donna consacrata diviene prossimo, nella prossimità. “Ma padre io sono una suora di clausura, e cosa devo fare?”, ma pensate a Santa Teresa del Bambino Gesù patrona delle missioni, col suo cuore ardente era prossima, nelle lettere che riceveva dai missionari la facevano più prossima alla gente. Diventare consacrati – ha proseguito Francesco – non significa salire uno, due, tre scalini nella società. È vero, tante volte sentiamo i genitori dire, “sa padre io ho una figlia suora, io ho un figlio frate”, e lo dicono con orgoglio, è vero, è una soddisfazione avere i figli consacrati. Ma per i consacrati non è uno status di vita che mi fa guardare gli altri così (dall’alto, ndr): la vita consacrata mi deve portare alla vicinanza con la gente, vicinanza fisica, spirituale, conoscere la gente». E qual è, ha proseguito il Papa, «il primo prossimo di un consacrato o di una consacrata? Il fratello o la sorella della comunità, questo è il vostro primo prossimo. Una prossimità carina, eh, buona, con amore. Io so che nelle nostre comunità mai si chiacchiera», ha esclamato il Papa con un’ironia che ha suscitato l’applauso dei presenti. «Un modo di allontanarsi dai fratelli e dalle sorelle della comunità è proprio questo, il terrorismo delle chiacchiere. Sentite bene: non le chiacchiere, il terrorismo delle chiacchiere», ha insistito il Papa, «perché chi chiacchiera è un terrorista dentro la propria comunità, perché butta come una bomba la parola contro questo o quello e poi se ne va tranquillo: chi fa questo distrugge come una bomba e lui si allontana. Su questo l’apostolo Santiago diceva che la virtù umana più difficile da avere è quella di dominare la lingua. Se mi viene da dire qualcosa contro un fratello o una sorella, di buttare una bomba di chiacchiera, mordersi la lingua forte», ha detto il Papa tra nuovi applausi. «Se tu butti la bomba della chiacchiere nella tua comunità questo non è prossimità, è fare la guerra, è provocare distanze, provocare anarchismo nella comunità. Se in quest’anno della misericordia ognuno di voi riuscisse a non fare mai il terrorista chiacchierone o chiacchierona, sarebbe un successo di santità grande per la chiesa». 

 

Il cardinale Joao Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di Vita religiosa e le Società di Vita apostolica, ha aperto l’incontro sottolineando, tra l’altro: «Sappiamo che è ancora grande il numero di coloro che lasciano la vita religiosa, in molti luoghi è accentuato il calo delle vocazioni, altri faticano, ma in quest’Anno santo vediamo rinascere la speranza e la fiducia nel Signore», sottolineando che con l’Anno della Vita consacrata è stato intrapreso un cammino di conversione che ha riguardato anche l’uso del denaro e dei beni.  

 

Monsignor José Rodriguez Carballo, segretario dello stesso Dicastero, ha ringraziato il Papa per l’Anno della Vita consacrata che si conclude oggi (29 novembre 2014 - 2 febbraio 2016). 

 

 

Iacopo Scaramuzzi

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