Rinviato al 24 settembre del 2019 il processo per istigazione al suicidio di dj Fabo. Nel frattempo? Il Parlamento sarà chiamato a esprimersi. Un invito implicito a formulare una legge ad hoc?
del 25 ottobre 2018
Rinviato al 24 settembre del 2019 il processo per istigazione al suicidio di dj Fabo. Nel frattempo? Il Parlamento sarà chiamato a esprimersi. Un invito implicito a formulare una legge ad hoc?
Il processo a carico di Cappato per il suicidio assistito di dj Fabo che lo ha visto protagonista è stato sospeso e rinviato al 24 settembre 2019, cioè tra un anno. Intanto i giudici chiedono un intervento al Parlamento per rivedere la disciplina in materia. Rivedere la disciplina in materia? Ma non ne abbiamo già una? La decisione dei giudici non equivale forse a dire che la legge sulle Dat non ci basta?
Nel comunicato della Consulta si legge: “Nella Camera di consiglio di oggi, la Corte costituzionale ha rilevato che l’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti. Per consentire in primo luogo al Parlamento di intervenire con un’appropriata disciplina, la Corte ha deciso di rinviare la trattazione della questione di costituzionalità dell’articolo 580 codice penale all’udienza del 24 settembre 2019. La relativa ordinanza sarà depositata a breve. Resta ovviamente sospeso il processo a quo”.
Cioè il reato di cui all’articolo 580, che puniva sempre e comunque l’istigazione ma anche il semplice aiuto nel suicidio, è andato in prescrizione? Non vale più per lo Stato italiano? E che significa “lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”. Adeguata protezione? Aiutare una persona a morire per me non vuol dire di certo proteggerla. Quella aperta dai giudici è una prospettiva pericolosa che lascia intravedere retroscena angoscianti, lo sottolinea bene ad Avvenire anche Alberto Gambino, prorettore dell’Università Europea di Roma e presidente di Scienza & Vita. “L’articolo 580 – cioè quello in vigore che regola casi come quello di dj Fabo – era stato pensato per evitare che davanti a momenti di debolezza e fragilità umana autodistruttivi si trovassero complicità, rompendo appunto quel legame di solidarietà che dovrebbe spingerci a farci carico del problema e non a rimuoverlo, assecondando l’intento suicidario”.
Diversamente da quanto affermato in aula dai legali di Cappato, Gambino resta convinto che “non è un articolo del codice penale a isolare i malati, ma piuttosto la riduzione di quest’ultimo a peso, a scarto”. E, poi, non si può certo dimenticare che l’Italia, con la recente legge sul fine vita, “aveva già indicato il bilanciamento tra il rispetto della vita e quello per le scelte individuali”.
Ida Giangrande
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