Come don Bosco ha messo in pratica l'invito di Gesù Buon Pastore; come Domenico ha fatto suo l'invito "Renditi umile, forte e robusto".
Vediamo adesso come Don Bosco ha messo in pratica l’invito di Gesù Buon Pastore, ricevuto nel sogno dei 9 anni: «Mettiti immediatamente fare loro un’istruzione… sulla preziosità della virtù».
Quando un ragazzo, un adolescente, un giovane, un adulto vive le virtù, è come trasfigurato e riflette la bellezza di Dio, esercitando un fascino straordinario di amore su coloro che lo circondano.
È quello che proviamo nel leggere la vita dei Santi. Un tempo le loro biografie erano i canali privilegiati per spronare tutti alle virtù umane e cristiane. Sarebbero da riproporre attraverso le moderne tecnologie, di cui i giovani sono esperti. Per questo Don Bosco nella sua catechesi presentava ai suoi ragazzi le virtù dei santi e in particolare quelle di San Luigi Gonzaga, che era ai suoi tempi il santo non martire più giovane.
In seguito si servirà dei libri, specie delle biografie che scriverà dei giovani migliori che il Signore gli farà incontrare, esaltandone le virtù, per spingere i suoi ragazzi alla loro emulazione.
La vita di San Domenico Savio, conquistò il cuore di Michele Magone e di Besucco Francesco e in seguito le loro biografie scritte, da Don Bosco, saranno di sprone a tanti altri giovani, desiderosi di imitarli.
La pratica delle virtù attraverso l’esatto adempimento dei propri doveri, vissuti per amore a Dio e nel servizio agli altri, è diventato per Domenico Savio, fonte di gioia e santità.
Nella vita di Michele Magone, Don Bosco descrive il cambiamento di un adolescente sbandato, che lascia la via del male e si entusiasma alla pratica delle virtù, fino a farsi un programma di vita, eroico per la sua età.
Il fulgore della bellezza, che la virtù dipinge nel volto di un adolescente, lo vediamo nel sogno di Lanzo del 1876, nel quale Domenico Savio compare a Don Bosco.
Un messaggio dal Paradiso
La sera del 22 dicembre 1876 Don Bosco raccontò il famoso sogno-visione di Domenico Savio.
«Savio si avanzò. Mi era così vicino che, se avessi steso la mano l’avrei certamente toccato. Taceva guardandomi sorridente. Com’era bello! Una tunica candidissima, tutta trapuntata di diamanti, gli scendeva fino ai piedi. Un ampia fascia rossa, tempestata di gemme, gli cingeva i fianchi (simbolo dei sacrifici e quasi del martirio sofferto per conservare la virtù della purezza); dal collo gli pendeva una collana di fiori, che splendevano di una luce sovrumana, più viva del sole… e riflettevano i loro raggi in quel viso candido e così illuminato che era difficile fissarlo. Gli cingeva il capo una corona di rose. La capigliatura gli scendeva ondeggiante giù per le spalle, e gli dava un aspetto così bello, così attraente che sembrava un angelo».
A lui Don Bosco chiede che gli parli del passato, del presente e del futuro del suo Oratorio.
«E il presente?»
Savio gli mostra un magnifico mazzo di fiori: vi erano rose, viole, girasoli, genziane, gigli, semprevive e, in mezzo ai fiori, alcune spighe di grano.
– Questo mazzolino mostralo ai tuoi figli: fa’ che tutti lo abbiano: ne avranno abbastanza per essere felici.
– Cosa indica questo mazzo di fiori?
– La rosa – rispose il Savio – simboleggia la carità, la viola l’umiltà. Il girasole l’obbedienza, la genziana la penitenza, il giglio la purezza, le spighe la Comunione frequente, la sempreviva la perseveranza.
In un magnifico mazzo di fiori, ecco raccolte le virtù che trasfigurano l’esistenza dei nostri giovani, e sono quelle che Don Bosco, attraverso una semplice catechesi, calata nella vita quotidiana, insegnava ai suoi giovani.
Sappiamo che le aveva apprese da Mamma Margherita come gli insegnamenti ricevuti in occasione della sua Prima Comunione, che Don Bosco ricorderà per tutta la vita e trascriverà nelle sue Memorie, scritte su invito del Beato Papa Pio IX:
«Mi ripeté più volte: “Per te è stato un gran giorno. Dio ha preso possesso del tuo cuore. Ora promettigli di fare quanto puoi per conservarti buono sino alla fine della vita. In avvenire va’ sovente a comunicarti; di’ sempre tutto in confessione; sii sempre obbediente; va’ volentieri al Catechismo e alle prediche; ma per amore del Signore fuggi come la peste coloro che fanno discorsi cattivi”. Procurai di mettere in pratica gli avvisi di mia madre: e mi pare che da quel giorno vi sia stato qualche miglioramento nella mia vita, specialmente nell’obbedienza e nella sottomissione agli altri, al che prima provavo grande ripugnanza».
Giovanni confiderà che quei consigli, in particolare sulla virtù dell’obbedienza messo in pratica, lo accompagnerà per tutta la vita, essendo lui di natura portato all’indipendenza.
Da Mamma Margherita, Giovannino Bosco impara, oltre la preghiera e la vita sacramentale a sostegno della fede e della speranza, l’obbedienza, la sincerità, la laboriosità, la prudenza, la temperanza, la sobrietà, la carità condividendo con lei i gesti squisiti di servizio ai più poveri.
Ecco il ruolo della famiglia, e particolarmente dai genitori, che, come primi educatori e catechisti, devono iniziare alle virtù i cuori dei figli.
Il tempo di Giovanni Bosco, ai genitori si affiancavano i maestri e gli educatori, che i ragazzi incontravano nella scuola, dove venivano insegnate le virtù ed esaltati gli uomini virtuosi, che la storia ricordava.
Ci auguriamo che gli insegnanti, da buoni educatori, sappiamo ripresentare, sia pure con modalità diverse, le virtù fondamentali per fare dei loro allievi degli onesti cittadini.
La prima virtù è l’obbedienza
Leggiamo nel Giovane provveduto, scritto da Don Bosco per i suoi ragazzi:
«Vi amo perché nel vostro cuore conserviate il tesoro della virtù, possedendo il quale avete tutto, mentre perdendolo divenite gli esseri più poveri e sventurati del mondo...
La prima virtù è l’obbedienza ai propri genitori e superiori… Quando vi comandano qualche cosa, fatela prontamente senza mostrarvi ritrosi... Ricordatevi che ogni loro comando è dato per il vostro bene. Quando obbedite a loro, obbedite a Dio. Due cose vi raccomando in modo speciale. La prima è di essere sinceri con i vostri genitori ed educatori. Non coprite mai con bugie le vostre mancanze. Dite sempre, con franchezza la verità. La bugia e la falsità ci rendono amici del diavolo, maestro di menzogna e di falsità…
La seconda cosa che vi raccomando è di prendere sul serio i consigli e gli avvertimenti dei vostri genitori ed educatori, fino a farne la regola di vita... “Datemi un giovane obbediente e si farà santo; al contrario il disobbediente va per una strada che lo condurrà alla perdita di ogni virtù”».
Educava i giovani alle virtù anche attraverso i “fioretti”, dati in preparazione alle grandi feste, specie: oltre l’invito alla preghiera e alla frequenza ai sacramenti, chiedeva la sincerità, lo studio e l’uso del tempo per evitare l’ozio, la mortificazione della lingua, e soprattutto la virtù della purezza che Don Bosco riteneva la più preziosa, specialmente nell’adolescenza (MB 8,351-54).
Si serviva delle Buonenotti, cioè di quelle parole che rivolgeva ai ragazzi prima del riposo serale, per mettere nelle loro menti dei pensieri buoni da ruminare mentre andavano a riposare. Completava così la formazione del carattere e della personalità di ciascuno orientandoli ai valori veri della vita.
I frutti più belli della sua istruzione sulla preziosità della virtù si sono visti nella fioritura della santità tra i suoi ragazzi.
di don Gianni Asti
traatto da http://www.colledonbosco.it
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