Meditazione salesiana sul cuore di San Francesco di Sales, di don Bosco... di Maria Santissima e di Gesù, in occasione degli Eventi del Movimento Giovanile Salesiano Triveneto - Jesolo 2014. Permettimi l'espressione azzardata, il vero «ladro» in senso salesiano è Gesù...!
FEDE E CUORE
RITORNATE A DIO CON TUTTO IL CUORE
Meditazione salesiana sul cuore di San Francesco di Sales, di don Bosco… di Maria Santissima e di Gesù, in occasione degli Eventi del Movimento Giovanile Salesiano Triveneto - Jesolo 2014. «Così dice il Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore”» (Gioele 2,12): in questo modo la liturgia della Chiesa ha fatto iniziare la prima lettura della Santa Messa delle Ceneri; sono le prime parole che Dio ci ha rivolto in questa Quaresima.
Qui si parla di un mistero. Non solo come qualcosa di più grande della nostra intelligenza e delle nostre capacità, ma proprio come lo intende san Paolo (vedi soprattutto Efesini 1, 3-14 e 3,1-13; Colossesi 2,1-5 = in fondo, la realtà totale di Cristo stesso). Anzi qualcuno (sono convinto, anche tra noi) l’ha toccato con mano: si tratta del luogo più intimo dell’incontro tra Dio e l’uomo; usando le parole dei padri della Chiesa, un luogo teandrico (Theos=Dio; Anèr-andros=uomo). Uno spazio dove Dio e uomo si incontrano in una sola parola, un solo movimento di carità che viene donato, accolto e che trasforma tutta la vita.
San Francesco di Sales, che testimonia non solo con i suoi scritti, ma con il modo stesso di vivere la missione, la carità, le relazioni di aver incontrato Gesù… non sa neppure lui come chiamare il «luogo» dell’incontro. Ed è in buona compagnia, vedi ad esempio Teresa d’Avila e Giovanni della Croce. A volte accenna alla superiorità di quest’amicizia, parlando di «vetta (o punta) suprema dello spirito». Quindi, in alto. Altre volte accenna delicatamente al «centro» di se stesso e dei santi, dove ad esempio – in santa Caterina da Siena – Gesù stesso faceva da capitano della difesa durante le lotte spirituali più ardue. Oppure si arriva velatamente ad indicare «l’intimo più profondo». Siamo sempre lì: ma dove? Noi vogliamo saperlo! In alto, in profondità, al centro… Ecco, parliamo in questo modo perché (a riguardo della fede) non abbiamo abbastanza familiarità con il linguaggio degli innamorati. Quando chiedi loro, a quelli veri, maturi, oserei dire «saggi»: «perché vi siete scelti?»… credete che vi sappiano rispondere in modo strettamente razionale?
Don Bosco, i santi salesiani: dov’era, qual era, in che cosa consisteva il loro cuore? Certamente c’era il da mihi animas, caetera tolle: bado alle anime, il resto è una quisquilia. Ma perché lo facevano, vivevano in quel modo? Me lo sono chiesto tante volte. Perché don Bosco correva in quel modo; perché i missionari salesiani percorrono ancora oggi le strade del mondo con ardore instancabile; perché alcuni malati che hanno conosciuto il carisma salesiano sono disposti a donare tutto con gioia – anche la vita – per i giovani; perché in tante famiglie ferite sono proprio i ragazzi e le ragazze toccati dal carisma salesiano a donare spizzichi di pace e di riconciliazione; perché dei giovani come Domenico Savio, Michele Magone, Francesco Besucco e tanti altri ancora oggi non pensano solo a divertirsi e a godersi la vita ma sono disponibili a donare tempo, energie, salute per i coetanei e addirittura arrivano a stupire i loro educatori, a scardinare in positivo le loro sicurezze che sarebbero fissate nella progettualità degli obiettivi…; come è possibile che in un carisma attivo come quello salesiano vi siano addirittura dei mistici e delle mistiche, che hanno avuto in dono un contatto più diretto con l’«amato»? Io la risposta la trovo solo in don Bosco, quando anche lui parla del «cuore»: «Voi giovani siete tutti ladri, mi avete rubato il cuore». Chi lo conosceva e lo conosce sa bene che non lo diceva assolutamente con risentimento, anzi con la gioia di chi scopre il senso della propria vita.
In realtà, permettimi l’espressione azzardata, il vero «ladro» in senso salesiano è Gesù. Il primo a dircelo in modo esplicito (e con sano orgoglio) è san Paolo: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Galati 2,19-20). Dalla consegna volontaria e gratuita al Padre in croce di Gesù… esplode una bomba di carità che tocca ogni cuore. «Per me vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere»: san Paolo, scrivendo così ai Filippesi (1,21-22), non è altro che un cuore innamorato, conquistato da Cristo.
Noi contemporanei, parlando di cuore e di cuore innamorato, dobbiamo stare attenti almeno a due rischi linguistici: non si tratta di sbandamenti sentimentali e neppure di istintualità pura.
Maria Santissima. I vangeli ci regalano almeno due «tracce» per la ricerca del suo cuore (e, con lei, di ogni credente), e non sono per nulla ingenue o esaltanti. Nella presentazione di Gesù al tempio, Maria ascolta la profezia di Simeone che parla di lei e di suo figlio: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori» (Luca 2,34-35). La spada di Maria sappiamo che sarà intima e fisica al tempo stesso (come definire il vissuto di una madre che vede morire il figlio in croce?); ma ci rimanda anche alla lancia nel costato di Gesù che fa scaturire sangue ed acqua, interpretati misticamente dai padri della Chiesa come simboli dei sacramenti. Poi, la vita nascosta a Nazareth. «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (Luca 2,51). Si tratta di Gesù che, apparentemente fa di testa sua e rimane a Gerusalemme a conversare con i dottori del tempio, ma in realtà si mostra già Figlio obbediente di un «Padre mio» dall’amore più grande di quanto noi possiamo immaginare e che può addirittura sconvolgere in positivo i legami familiari naturali.
Anzi, di un amore che è stato reso vita vissuta da Gesù, Maria; nel loro specifico dai santi; con una tonalità propria da san Francesco di Sales, don Bosco e i santi salesiani.
Che il loro cuore sia anche il nostro. Fino in fondo. E san Francesco di Sales ci dice che non è un sogno strampalato, può essere la realtà. Come san Paolo – il grande persecutore – è caduto da cavallo ed è divenuto l’innamorato folle di Gesù crocifisso, risorto e vivo, così Dio agisce nelle nostre anime – sempre che noi lo vogliamo - «operando in esse, per così dire, una certa qual transustanziazione morale e spirituale [!?], come avvenne al grande Apostolo» (San Francesco di Sales, Trattato dell’Amor di Dio – Teotimo, II, 12). Scusa per la parola difficile: “transustanziazione”, ma è proprio il termine teologico tecnico indispensabile per capire: adesso ti spiego. Nella Santa Messa, il pane e il vino non rimangono apparentemente uguali anche dopo la consacrazione? E non sono realmente, sostanzialmente differenti, in quanto corpo e sangue di Gesù? Così il nostro cuore, dopo che ha cominciato a lasciarsi convertire da Dio rimane apparentemente lo stesso (fa le stesse cose, vive la vita di tutti i giorni), ma – «per così dire, una certa qual» maniera – viene trasformato in… e qui devo fermarmi. Ma pensa soltanto alle ossa aride che vengono fatte divenire esseri viventi (vedi Ezechiele 37,1-14), o al cuore di pietra che, per dono gratuito, va a formarne uno di carne (cf. Ezechiele 11, 14-21).
Il Salmo 4,7-8 chiama l’inclinazione del cuore umano verso Dio «non soltanto luce, perché ci fa vedere dove dobbiamo tendere, ma anche gioia ed allegria, perché ci consola nel nostro smarrimento, dandoci speranza che Colui che ci ha lasciato questa bella impronta della nostra origine voglia ancora e desideri ricondurci e riprenderci, se siamo tanto fortunati da lasciarci riprendere dalla sua divina Bontà» (Teotimo, I, 18).
Guardo il cuore rosso piazzato in alto alla nostra home page di www.donboscoland.it che esplode in 10.000 diamanti. E mi interrogo: sono tanti cuori infiammati di Dio che provengono da un’unica sorgente… oppure sono gli innumerevoli gesti di carità-amore autentico che vanno a comporre un’unica sostanza che consiste nel carisma salesiano?
Ma forse quel disegno rappresenta un compito, un impegno che spero siamo disposti a prenderci come Movimento Giovanile Salesiano del Triveneto: fare in modo che i 10 diamanti del sogno di don Bosco formino non solo virtù o strutture perfette, diamanti completamente squadrati… ma, in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre comunità, cuori di carne che pulsano per Dio e per i giovani più «poveri e abbandonati».
Don Paolo Mojoli
paomojo@yahoo.it
Don Paolo Mojoli
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