T'immagini i primi battibecchi, le prime invidie, le prime gelosie tra gli apostoli sulle terre da evangelizzare, sulla diversità di carismi, sulla modalità con cui far innamorare la gente parlando di Gesù di Nazareth? Eppure han centrato il bersaglio!
Una storia che è impossibile non capire. Anche se datata, conserva una sorprendente attualità (liturgia della VI^ domenica del Tempo di Pasqua). C’era qualcuno che veniva dalla Giudea e lasciava capire di aver ricevuto un incarico preciso, che nessuno, però, gli aveva affidato. Un incarico per fare accettare le proprie idee piuttosto meschine. Un incarico che pretendeva di imporre come necessarie pratiche di cui il Vangelo non s’era mai occupato. Dev’essere stata una fatica titanica quella dei due ambasciatori, Paolo di Tarso e Barnaba, contrastare quelle manovre subdole. Pensa che il cristianesimo stava muovendo i primi passi e già la piccolissima comunità cristiana si dimostra capace di eleganza e precisione nel trattare le questioni. E’ un momento drammatico. Se tra di loro non fiorirà l’armonia, se decideranno d’arrendersi… la Chiesa non inizierà a viaggiare. Chissà… forse sarà risuonata nelle loro menti quella domanda inquietante rivolta loro da Gesù: "Volete andarvene anche voi?". E Pietro, il discepolo farabutto dall’intuito incredibile, agganciò gli occhi di Gesù e gli sussurrò: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna". Signore, le parole tue danno una vita che riempie per sempre, non abbiamo nessun altro da seguire all’infuori di te. Gli altri discepoli sentono il sudore scivolare sulla fronte, Pietro li ha interpretati bene. E oggi non si appellano agli uffici competenti, ma nella città di Antiochia e di Gerusalemme ci si confronta, si ascolta, si decide insieme: "fu stabilito che Paolo e Barnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme".
T’immagini Giacomo, vescovo della Chiesa Madre di Gerusalemme, che indice il primo concilio per aiutare il Cristianesimo a partire? T’immagini la dolcezza, l’autorevolezza, la preoccupazione di questi primi innamorati tutti intenti a far si che sulla strada nessuno si perda… T’immagini i primi battibecchi, le prime invidie, le prime gelosie tra gli apostoli sulle terre da evangelizzare, sulla diversità di carismi, sulla modalità con cui far innamorare la gente parlando di Gesù di Nazareth? Eppure han centrato il bersaglio!
A fondamento di qualsiasi altra considerazione dobbiamo porre questa verità molto elementare: qualunque sia o sia stato il grado di infedeltà della Chiesa, per quanto sia vero che essa abbia continuamente bisogno di misurarsi e confrontarsi con Cristo, fra Gesù e la Chiesa non c’è alcun contrasto decisivo. E’ per mezzo della Chiesa che egli, superando le distanze della storia, ci parla oggi direttamente e rimane in mezzo a noi come nostro maestro e Signore, come fratello che ci rende fratelli. Donando a noi Cristo, rendendolo vivo e presente in mezzo a noi, rigenerandolo continuamente nella fede e nella preghiera degli uomini, la Chiesa dà all’umanità la luce, un sostegno e un conforto tali, che senza di essi il mondo non sarebbe più concepibile. Chi desidera la presenza di Cristo in mezzo all’umanità, la può trovare soltanto nella Chiesa, mai contro di essa. (J. Ratzinger, Rizzoli, 2008)
Chiesa fasciata dalle bende dello Spirito, accarezzata dal soffio dell’eternità, chiamata a giocare da protagonista la partita della storia umana. Non ci dev’essere paura nel cuore di Filippo e dei suoi compagni d’avventura che scavalcano i confini della Samaria, terra d’infedeli, di scismatici e di traditori. Quella donna di Samaria - conquistata splendidamente dall’Uomo di Nazareth attorno alle pietre di un pozzo in un afoso mezzogiorno tutto ebraico – è la speranza di un futuro ricco di seminagione per la parola del loro Maestro. Basta disegnare confini, piantare steccati, pennellare frontiere! "Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria fino agli estremi confini della terra" (At 1,8). Eccola la potenza dello Spirito Santo che la Scrittura Sacra paragona al vento. Perché il vento impedisce all’acqua di stagnare e imputridire. Il vento modella la montagna, la roccia, il marmo, i volti. Il vento che trasporta sulla sua brezza il polline collabora nel portare avanti la vita. Il vento scuote, butta all’aria le cose. Sul vento non puoi metterci mano! Così è dello Spirito: è mistero, profondo e insondabile mistero, che si lascia annusare nel mantello del silenzio. "Se mi amate osserverete i miei comandamenti" (Gv 14,15). Quel Maestro così esigente non chiede segni straordinari ai discepoli, ma supplica eleganza nella loro vita, ricercatezza nel loro sguardo, finezza nei loro gesti. Solo così riusciranno a rispondere alle sfide di un mondo che l’interroga, li tormenta, li costringe ad esporsi, li invita ad uscire dalle proprie chiese per abitare i sentieri dell’uomo. Una piccola chiesa di frontiera quella primitiva: Don Peppino Diana, parroco nel casertano, è stato ucciso dalla camorra perché aveva osato denunciare corruzioni ed illegalità nella sua terra. Chi lo ha ucciso gli ha sparato in sacrestia per ricordargli che una chiesa che non disturba non ha nulla da temere. Ma è anche una Chiesa che non profuma di quell’affascinante mistero di cui l’ha avvolta il suo Maestro.
Ben strano il tuo Vangelo, Signore. Un libro completamente diverso dagli altri. Riserva sorprese brutali. E più lo leggiamo, meno ci sentiamo tranquilli. Uno studente che abbia approfondito un determinato trattato è sicuro per l’esame. Invece chi conosce il Vangelo finisce col perdere la sicurezza. Solo chi lo ignora può ostentare una certa sicurezza. Lo studio dei libri umani procura la promozione. Lo studio del Vangelo regala la bocciatura. Come oggi, Signore. Mi sentivo in pace e scopro d’essere in pace. Ma nella pace di Satana. Cioè ho sbagliato tutto. Signore perdonami. Perdona questa mia testa che non capisce un tubo!
Don Marco Pozza
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