Ad un tratto, in fondo a destra, dove vi è la mangiatoia, ho visto Maria. Con mia sorpresa stava pulendo il sedere di Gesù Bambino e sistemandolo in fasce... L'umiltà è la condizione essenziale per far sì che il Natale di Dio si perpetui nei secoli. E la mancanza di umiltà può provocare l'aborto di Dio: se Maria infatti avesse rinunciato all'umiltà mentre attendeva Gesù... Non è possibile che Dio non sia umile. Non vi sarebbe Dio.
Vi racconto una storia, una storia vera che ho vissuto quando stavo a Betlemme…
Un giorno decisi di andare a Betlemme partendo a piedi dalla zona in cui stavo. Salutai come al solito Abu Hanna che sostava al cancello e poi mi incamminai da solo. Giunto a Betlemme, dopo un’oretta di cammino, mi inoltrai per vie e viuzze che solitamente non facevo, attratto dal desiderio di sbirciare dentro le case per scorgervi lo scorrere della vita quotidiana. Vidi ben poco… Giunto nei pressi della grotta, mi trovai davanti il solito gruppo di americani che ne ostruiva l’entrata. Conoscendo bene il luogo, entrai dall’altra parte, evitando di incrociare gli occhi severi del sacrestano armeno, quello gobbo.
Mi metto in fondo, in ginocchio, cercando di non ascoltare quello che la guida stava dicendo. Ad un tratto un turista chiede: Quanti giorni Gesù è rimasto qui? La risposta della guida non mi convinse. Ma in me nacque il desiderio di rivivere quegli attimi di 2000 anni fa…
Mi immaginai Giuseppe che arrivava con un secchio d’acqua, i pastori alle prese con le pecore, le donne che chiacchieravano tra loro, i bambini che giocavano a nascondino… Ad un tratto, in fondo a destra, dove vi è la mangiatoia, ho visto Maria. Con mia sorpresa stava pulendo il sedere di Gesù Bambino e sistemandolo in fasce. Non credevo ai miei occhi, eppure era proprio così. In quel momento ho pensato: solo un Dio umile poteva abbassarsi a tanto! Umile a tal punto da venir trattato come tutti i bambini di questo mondo. E Maria… altro che donna da altari! Era alle prese con pannolini e “pappe”, come ogni mamma. È proprio vero: la grandiosità dell’amore di Dio si coniuga nel tempo della debolezza.
In quel momento mi venne in mente un passo di Dostoevskij. Ivan Karamazov, parlando con Alesa, evoca la leggenda di san Giuliano Lo Spedaliere. Scrive così: «Un passante, affamato e intirizzito, venne un giorno a supplicarlo di riscaldarlo; il santo si sdraiò su di lui, lo prese tra le braccia e si mise ad inalare il fiato nella bocca purulenta di quell’infelice, infettata da un’orribile malattia». Pensai che bisogna essere immensamente grandi per respirare così, per stare “bocca a bocca” con i poveri. Bisogna essere Dio. Quanto dovrebbe commuovermi la certezza che la bocca di Dio sia eternamente attaccata alla mia purulenza, alla mia povertà, alla mia storia fatta sì di gioie ma anche di paure e solitudini. Pensai che il Natale è il bacio di Dio…
Preso da tali pensieri mi misi in ascolto dei personaggi che vedevo e che mi osservavano…
Maria mi disse: l’umiltà l’ho appresa e conservata frequentando Dio. Abbiamo a che fare con un Dio umile, un Dio che ha l’umiltà come spina dorsale. L’umiltà è l’aspetto più radicale dell’amore, è l’impalcatura di Dio, umile a tal punto da farsi bambino ed essere trattato come tutti i bambini che vengono alla luce. Ha pianto anche Lui nascendo: e penso abbia pianto anche Dio per amore come piange una persona quando fa l’esperienza di amare a tal punto da non poter contenere l’amore. Sì, perché si può amare fino al punto che ti fa male…
Tra me e me pensai: L’umiltà è la condizione essenziale per far sì che il Natale di Dio si perpetui nei secoli. E la mancanza di umiltà può provocare l’aborto di Dio: se Maria infatti avesse rinunciato all’umiltà mentre attendeva Gesù… Non è possibile che Dio non sia umile. Non vi sarebbe Dio. Se Dio non fosse umile come potremmo avere in noi il desiderio di Dio? Abbiamo a che fare con un Dio ricco dell’umile amore, quindi con un Dio povero. Dio è quell’essere che pronuncia un “Ti amo” incondizionato, un “Ti amo” disposto ad essere rifiutato e rimandato al mittente come se fosse una lettera che non avresti mai voluto ricevere perché ti rivela a te stesso. Non basta essere amati: abbiamo bisogno di essere amati di un amore incondizionato, di un amore che è “per sempre” e “a tutti i costi”. Per questo nel Natale Dio mette a rischio se stesso divenendo vulnerabile. Tale vulnerabilità, segno dell’amore incondizionato di Dio, si rivelerà completamente sulla croce quando la lancia del Longino, colpendo il cuore di Cristo, trafiggerà Dio stesso.
Poco dopo Giuseppe mi disse: sai… è tutta una questione di promesse. Non parlo solo delle promesse fatte ai miei padri in cui si sperava la terra promessa o una discendenza o la liberazione dalla schiavitù. Parlo della promessa che Dio ha fatto a se stesso: essere amore per sempre. Questa è la promessa di Dio all’uomo. Con questa certezza nel cuore ho accolto Maria e il bambino che attendeva: ho voluto con l’aiuto dell’angelo mantenere la mia promessa sicuro che Dio non viene meno alle promesse che fa.
Tra me e me pensai: Come cambierebbe la mia vita e come cambierebbe il mondo se vivessimo ogni attimo con la certezza che Dio mantiene le sue promesse. Gesù è la promessa di Dio Padre. Celebrare il Natale significa festeggiare il fatto che Dio ha mantenuto la sua promessa. Abbiamo a che fare con un Dio fedele, un Dio che a tutti i costi mantiene le sue promesse. D’altra parte l’amore vero non è forse una questione di promesse? …Non è forse uno scambio di fedeltà?
Ma forse Natale è anche il giorno in cui fare la propria promessa a Dio… Sì, dico a te che ti lasci andare perché sei stato tradito, dico a te che stai attendendo l’avverarsi di una promessa che stenta a realizzarsi perché c’è di mezzo l’egoismo, dico a te che la sera ti addormenti con il cuore che piange per le promesse non mantenute e ora ti ritrovi solo o sola. Inizia tu… a mantenere le tue promesse, quelle vere ovvero quelle che non solo ti permettono di amare ma che ti fanno diventare amore. Mantieni le tue promesse anche a costo di versare sangue: non è forse questo che Cristo ha fatto?
Vuoi nascere davvero a vita nuova? Vuoi festeggiare il tuo Natale? Non tradire le persone che ti sono care, non tradire te stesso, non tradire Dio. Dio pur di non tradire ha accettato di essere tradito. Per questo Dio vive: l’amore promesso e mantenuto è fonte di continua vita nuova. A Natale Dio dice a te: «Non temere: io ho mantenuto la mia promessa».
Poi i pastori si intromisero nei miei pensieri e mi dissero: dobbiamo imparare ad essere seri come un bambino che sogna. Noi pastori abbiamo sognato a lungo, abbiamo sperato, abbiamo atteso coltivando la speranza che si avveri la promessa di Dio. E non siamo stati delusi. Che cosa sarebbe accaduto di noi se avessimo chiuso i canali della speranza? Staremo vagabondando nel buio perché rinunciare a sperare significa disperare, e quando si dispera si diventa ciechi. Allora neanche la stella più luminosa serve. È la speranza che accende le stelle.
Anche questa volta tra me e me pensai: forse dobbiamo ricominciare a credere ai sogni. Come Giuseppe, come Maria, come questi pastori. Mi chiedo: è il Natale che genera la speranza o è la speranza che genera il Natale? Ambedue. Senza speranza non può esservi Natale e il Natale, stesso, ovvero la venuta di Cristo in mezzo a noi, è motivo di speranza. Chi frequenta solo le leggi del cosmo e della materia impara a ragionare, ma chi frequenta Dio ovvero la legge dell’amore impara a sperare perché giungere a conoscere Dio, il vero Dio, significa ricevere speranza, ricevere i sogni. Non è la scienza che redime l’uomo: l’uomo viene redento mediante l’amore. Chi vive senza sogni vive le doglie della vita ma partorisce solo vento. Nella speranza la sofferenza vera, che sia scelta o subita, se accettata genera vita.
Anche la grotta volle parlare… La grotta mi disse: non ho altro da offrire se non la mia povertà, la mia nudità, la mia precarietà, il mio niente… D’altra parte se fossi stata piena di oggetti, di ricchezze, di persone… non vi sarebbe stato spazio per Gesù e anch’io avrei dovuto dire “Non vi è più posto”. È nel vuoto che Cristo nasce.
Tra me e me pensai: il tutto può essere accolto solo dal nulla… Natale è solo memoria o è memoriale? È solo nostalgico ricordo o è realtà che ancora una volta accade? La grotta oggi sono io, ma… sono abitato da cosa, da chi? Se non faccio tabula rasa non posso essere abitato da Dio. Se non mi svuoto di tutto ciò che rende la mia grotta inabitabile, non posso essere abitato da Dio e, tutto sommato, neanche da me stesso perché è Dio che rivela l’uomo all’uomo, è Dio che mi fa abitare presso di me. É possibile essere il luogo in cui il Natale si perpetua attraverso un cammino interiore, fatto di purificazione dei desideri e liberazione dalle menzogne segrete. Solo così saremo capaci di Dio.
A questo punto… dopo questi incontri inattesi e dopo aver visto Maria terminare di sistemare i pannolini del suo Gesù, non mi rimase altro che stare in silenzio attendendo che la cagnara dei turisti finisse. Poi tornai poi a casa, in taxi questa volta per pochi shekel, con il cugino di Abu Elias e con un’idea ben chiara: Dio, che è Dio, è umile, mantiene le sue promesse, dona speranza, abita in noi, ma… è condizionato dal sì dell’uomo. È un paradosso: Dio è povero senza di me, senza di te. Dio mendica il nostro amore, il nostro sì. Dio è un mendicante.
Se è così, il miglior regalo che tu puoi farti a Natale è il tuo sì all’amore incondizionato: è la presupposto perché il Natale si avveri ancora. E non aspettare domani… perché i mendicanti non sempre ci sono lungo la strada.
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