«La migliore offerta» di Giuseppe Tornatore è un film che sta facendo discutere. La faccenda è maledettamente seria. Come nel film, la passione e la dedizione con cui il protagonista sinceramente si coinvolge in una faccenda gli permettono di non farsi sfuggire l'elemento di autenticità nella grande messinscena in cui viene attirato...
A volte i film danno una chiave per interpretare qualcosa che ci avviene intorno. «La migliore offerta» di Giuseppe Tornatore è un’opera di grande qualità, che sta facendo discutere. È un film che con curata forza narrativa e drammatica si incendia su una idea, una visione a mio avviso aperta e non claustrofobica della vita: anche nella simulazione si trova qualcosa di autentico. Come dire: anche in mezzo a una grande falsità, se guardi bene, scopri qualcosa di autentico che ti guida a giudicare senza lasciarti del tutto ingannare. Pure se la vita riserva grandi raggiri, guarda bene: non è solo finzione.
La vicenda è ambientata nel mondo del collezionismo di antiquariato, ambiente dove appunto simulazione e autentico si sfiorano e mescolano. Il film è intenso, una grande prova dei due protagonisti principali (addirittura forse 'troppo' attore, mentre lei è inquietante e meravigliosa). Dunque il film è innanzitutto una provocazione esistenziale di grande spessore. Tutti noi siamo dentro un nodo di rapporti, relazioni, scambi dove simulazione e autentico si sovrappongono. Anche nei campi più delicati e importanti – come nel film, una relazione di cura e d’amore – i rischi sono inevitabili. Figuriamoci in quel campo in cui la 'simulazione' è un’arte da sempre. Intendo il teatro della politica. Specialità in cui noi italiani e non da oggi siamo dei giganti. Le arti della retorica – dai tempi di Cicerone fino ai grandi oratori del ’900 e ai leader in maniche di camicia dei giorni nostri – mescolano elementi di simulazione e di autenticità. E quindi, come avverte il film di Tornatore, occorre l’attenzione e una passione vera per non fermarsi davanti a un festival di trovate, slogan, frasi a effetto, sceneggiate… La faccenda è maledettamente seria. Come nel film, la passione e la dedizione con cui il protagonista sinceramente si coinvolge in una faccenda gli permettono di non farsi sfuggire l’elemento di autenticità nella grande messinscena in cui viene attirato, così anche l’italiano veramente appassionato e sinceramente impegnato con il bene comune potrà distinguere nella grande simulazione di una campagna elettorale quali sono gli elementi di autenticità. Ma si badi: l’osservatore disimpegnato, invece, colui che non ha passione, che non è già impegnato in qualche modo con la 'politica' ovvero con la vita della società, difficilmente può sfuggire a trucchi e illusionismi creati apposta per chi sta davanti al teatro elettorale senza criteri forti di giudizio. La riduzione della politica a tifo non è solo colpa dei politici, è anche conseguenza della tiepidezza di impegno con la cosa pubblica che riguarda molte zone della società. Chi ha delegato sempre di più la decisione e la gestione della 'res publica' alla sola amministrazione statale e politica oggi si ritrova più spesso privo di criteri di orientamento, come a fissare sullo schermo una scena dinanzi a cui oscillare tra attestati di simpatia o banale faziosità. Le simulazioni sono arma per il consenso, sia quelle plateali che quelle più sottili e sfuggirvi non è facile. Dunque dal film di Tornatore viene un avvertimento che riguarda anche le scene della campagna elettorale. Innanzitutto, non pensare che sia tutto 'finto', solo falsità. Tale disfattismo cinico e presuntuoso finisce per essere l’atteggiamento più babbeo, più stupido e ingenuo. E poi esercitare l’attenzione, usando come criterio il proprio impegno, l’intelligenza del cuore, la speranza, la propria esperienza. Non altro. Si vedrà cosa c’è di autentico, si potrà valutare davvero. Si farà anche di questa dura, difficile, malmostosa campagna un’occasione di crescita del senso critico, di stima a quanto di autentico muove comunque tanti candidati, valutando e preferendo – per quel che poco che si può con la legge elettorale che ci ritroviamo – con una certa serenità e un certo distacco ironico dalle sceneggiate di ogni tipo. Senza ridurre tutto ad animosità velenosa.
Davide Rondoni
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