Non possiamo fare finta che Internet, web e social non abbiano ormai una diffusione planetaria, dovremmo tutti farci una domanda. Se Internet è rotto, cosa siamo disposti a fare per aggiustarlo?
del 20 luglio 2017
Non possiamo fare finta che Internet, web e social non abbiano ormai una diffusione planetaria, dovremmo tutti farci una domanda. Se Internet è rotto, cosa siamo disposti a fare per aggiustarlo?
Nel mondo digitale, e non solo in quello, ciclicamente vengono a galla delle frasi-tema. L'ultima recita: «Internet è rotto». L'ha detta Evan Williams, uno dei fondatori di piattaforme importanti come Blogger, Twitter e Medium, in un'intervista al New York Times. E da lì, la frase è rimbalzata un po' ovunque nei media tradizionali e digitali. Il punto più importante dell'intervista di Williams era però un altro: «Pensavo che una volta che tutti avessero potuto parlare liberamente e scambiare informazioni e idee (grazie al web, ndr), il mondo sarebbe diventato automaticamente migliore. Mi sbagliavo».
A questo punto, in tanti hanno fatto sì con la testa e pensato: è vero, è proprio così; Internet è rotto. La democrazia della Rete ha un sacco di pecche. Per non parlare dell'odio e della violenza che alberga su web e social.
Vero. Verissimo. Ma siccome non possiamo fare finta che Internet, web e social non abbiano ormai una diffusione planetaria, dovremmo tutti farci una domanda. E in primis dovrebbero farsela le persone come Ev Williams che sono state o sono al comando dei colossi digitali. Eccola: se Internet è rotto, cosa siamo (cosa sono) disposti a fare per aggiustarlo?
Perché parlare male della Rete, del web, dei social è tutto sommato molto facile. «L'argomento migliore contro Internet è una conversazione social di soli cinque minuti con l'utente medio» recita una frase famosa. Peccato sia di Winston Churchill e si riferisse alla democrazia. L'originale recita: «L'argomento migliore contro la democrazia è una conversazione di soli cinque minuti con l'elettore medio». Senza stare a scomodare l'antica Grecia, ma fermandoci solo ai tempi moderni, sono più di 200 anni che abbiamo a che fare con la democrazia. E, per certi versi, le cose non sono ancora del tutto risolte. Se pensate che il primo sito web è stato aperto il 6 agosto 1991 e che Facebook è nato nel 2004, capirete che, nonostante la loro portata mondiale, sono realtà potentissime ma ancora giovani. Hanno bisogno di crescere. Anzi: abbiamo bisogno di farle crescere nel modo migliore.
E torniamo alla domanda centrale: se Internet è rotto (di più: se Internet è nato rotto, cioè con la propensione a far vincere gli estremismi), cosa siamo disposti a fare per aggiustarlo? Se, come recita il titolo del Messaggio di Papa Francesco per la 51ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, dobbiamo «comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo», cosa stiamo facendo, cosa vogliamo fare di concreto per riuscirci anche sulla Rete, sul web e sui social?
Occorrono idee nuove, alleanze nuove, menti e cuori coraggiosi per riuscire a mettere in campo non tanto singoli siti o pagine Facebook (che, ahimè, rischiano di perdersi nel mare magnum del digitale) ma piattaforme, app, servizi e portali capaci di diffondere il buono, il bene e il giusto nel digitale con la forza (e gli investimenti) che meritano.
Quella che abbiamo davanti è una sfida enorme. Che resterà tale anche se e quando dovesse nascere – come hanno ipotizzato alcuni politici – un nuovo Internet che sia controllato e regolato dai Governi. Perché la sfida vera che abbiamo davanti non è quella di costruire «giardini digitali felici» lasciando gli altri a sguazzare nel peggio del web e dei social, ma insegnare a tutti a tenere più puliti gli spazi digitali che già esistono, costruendone di nuovi ancor più importanti e utili. È una sfida enorme. Tutt'altro che facile. E proprio per questo merita di essere intrapresa.
Gigio Rancilio
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