L'unica lettera di don Bosco a novelli sposi

Le lettere di don Bosco rivelano particolari della sua vita sconosciuti anche a molti suoi ammiratori. Ne diamo qui un esempio significativo, praticamente un unicum fra le 4000 lettere del suo epistolario.

L'unica lettera di don Bosco a novelli sposi

 

Il promesso sposo

 

Angelo Scipione Pietro Piccono era nato ad Albiano di Ivrea, da Francesco e Rosa Carlino il 6 giugno 1848. Trasferitosi il padre a Torino per esercitare la professione di medico-chirurgo, Angelo concluse gli studi primari in città, per ritornare poi, alla morte del padre, al seminario di Ivrea a seguire i corsi filosofici. Ritornato di nuovo a Torino, trovò occupazione come prefetto degli studi in un istituto "paterno" di educazione, simile a quello di don Bosco, e come impiegato presso il commissariato di polizia di Borgo Dora, responsabile dell'area di Valdocco.

Giovane molto religioso, Angelo poté entrare così in intima relazione con don Bosco, che divenne anche il suo confessore.

 

Il matrimonio

 

Come ogni giovane, Angelo pensò di formarsi una famiglia. Trovò una brava ragazza torinese, Cristina Luigia Maria Vana e fissò la data del matrimonio ∆ó settembre 1875). Per la circostanza chiese a don Bosco non solo il solito appuntamento per la confessione ma anche di benedirgli lui stesso le nozze. Don Bosco acconsentì alla prima richiesta, ma per impegni presi precedentemente non poté accogliere la seconda. Così infatti gli rispose il 4 settembre:

"Car.mo Gius. Piccono, Ringrazio te e la tua fidanzata dell'invito che mi fate di benedire le vostre nozze; mi rincresce, in quel giorno appunto ho tali impegni, che non posso proprio pensare ad altro. Non mancherò di pregare la Santa Vergine A. affinché prenda cura di tutti due e vi conservi in vita santa e felice. Ricordatevi però che la sola pratica della religione può rendere felice il novello vostro stato. Sebbene sii venuto a confessarti nel mese passato, tuttavia ti attendo per questa occasione, che è la più importante della vita. Dio benedica te, la tua signora, pregate per me che ti sarò sempre in G. C. Aff.mo amico Sac. Bosco".

I novelli sposi, pur dispiaciuti, accolsero comunque con gioia gli auguri e l'invito spirituale di don Bosco. Il marito poco dopo si iscrisse alla facoltà di diritto all'università di Torino, onde poter migliorare la sua carriera lavorativa, ma la felicità durò poco. Il 17 febbraio 1877 la sua giovane signora moriva, chissà, forse a seguito di un parto difficile.

 

La vocazione salesiana

 

Angelo non pensò a risposarsi. Certamente consigliato dal confessore don Bosco, che ben ne conosceva la disposizione d'animo, entrò invece a Valdocco, dove passati alcuni mesi e fatta la vestizione, nell'autunno 1877 si trasferì a Valsalice a compiere il suo noviziato, concluso il 30 maggio 1878 con la professione religiosa perpetua. La scheda personale conservata nell'Archivio Salesiano Centrale ai nomi di battesimo aggiunge il nome "Giuseppe", così come per altro l'atto di morte della moglie nell'archivio comunale di Torino. Il mese seguente, bruciando tutte le tappe, ricevette il suddiaconato, in agosto il diaconato e il 22 novembre mons. Gastaldi lo ordinava sacerdote. Un cursus honorum di estrema rapidità, certamente poco condiviso dall'arcivescovo di Torino.

 

Due "andate e ritorno" in missione

 

Trascorsi alcuni anni come prefetto ed insegnante a Valsalice, mentre ancora frequentava l'università, il 33enne don Piccono il 3 gennaio 1881 partì con la sesta spedizione missionaria alla volta dell'America Latina. Il drappello, di cui era responsabile lui stesso, era diretto a Villa Colón di Montevideo, dove sbarcò il 1° marzo. Vi rimase come vicedirettore due anni, poi fu inviato come direttore-parroco alla vicina casa di Las Piedras, indi catechista a Paysandù, sempre in Uruguay. Nel 1884 passò in Argentina, prima a Buenos Aires al Bollettino Salesiano poi, nel 1885, a Carmen di Patagones, come vicedirettore e poi direttore-parroco, finché nel 1892 fu richiamato a Torino come scrittore e responsabile del Bollettino Salesiano in spagnolo.

Ma don Piccono non era fatto per star fermo. Nell'ottobre 1892, a 44 anni, don Rua lo inviò come responsabile della prima spedizione in Messico. In poco tempo il collegetto che vi trovò diventò il grande collegio di Santa Giulia, completato quasi subito con quello maschile e femminile della vicina Puebla. L'ex marito Angelo Piccono divenne così il primo direttore e primo superiore dei salesiani e delle FMA in Messico. Godeva della fiducia di don Rua, che nel 1896 lo incaricò di esplorare la California (San Francisco) e nel 1898 il Centro America (San Salvador), in vista di future fondazioni salesiane. Sarebbero in effetti sorte colà in tempi brevissimi.

In Messico non mancavano però difficoltà, sia ad intra che ad extra dell'Opera salesiana, per cui nel gennaio 1899 don Rua lo richiamò a Torino. Vi restò due anni come apprezzato conferenziere, forbito predicatore e valido collaboratore del Bollettino Salesiano, prima di essere mandato ad inizio secolo XX a fondare e dirigere la nuova opera di Napoli-Vomero (istituto-santuario) e successivamente nel 1905 quella di Napoli-Castellammare. Nel 1910 la sua salute iniziò a cedere, per cui dovette mettersi a riposo come confessore a Caserta, dove morì il giorno di capodanno del 1913.

 

Un simpatico scambio di persone

 

Non tutti i confratelli potevano sapere dei trascorsi matrimoniali di don Piccono. Fu così che allorquando vari decenni dopo il responsabile dell'Archivio della casa di Caserta, riordinando le carte di don Piperni, trovò la classica foto tessera-ricordo di due giovani sposi, prese un abbaglio. Notando infatti la somiglianza del marito con don Angelo, ed avendo notizia di un certo Giuseppe Piccono, scambiò lo sposo per il fratello Giuseppe, invero mai esistito. Ma il felice ed elegantissimo sposino della foto non era altro che il primo grande missionario salesiano in terra Messicana, don Angelo! Il Signore l'aveva voluto presto orfano di padre, per brevissimo tempo marito affettuoso, per oltre 30 anni padre di molti figli. Don Bosco prima, e don Rua dopo, furono testimoni diretti di questo "scherzo della Provvidenza" alla congregazione salesiana.

 

 

Francesco Motto

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