In prossimità della Festa a Maria Ausiliatrice, pubblichiamo una riflessione sulla devozione di don Filippo Rinaldi, terzo successore di don Bosco di cui incarnò soprattutto la dolcezza e la paternità.
“Madre carissima…mi raccomando a Voi, avvocata nostra. Non ho altra speranza…alla mia prudenza ed attività sono affidati gli interessi della Pia Società”
A giudicare dal tono tenero e quasi infantile di queste espressioni rivolte all’Ausiliatrice, non si direbbe che a scriverle sia stato un Direttore, anzi un Ispettore, un Prefetto Generale, ancor più un Rettor Maggiore. Eppure questa era la confidenza filiale con la quale abitualmente don Rinaldi, terzo successore di Don Bosco, si rivolgeva alla Madonna. Queste parole erano spesso affidate a bigliettini volanti che don Rinaldi era solito sistemare sotto la statua di Maria Ausiliatrice posta sul suo scrittoio, come ha affermato un suo aiutante, don Azzini, al processo per la sua beatificazione. Sono espressioni che da un lato esprimono il suo totale abbandono alla materna intercessione della Madonna, dall’altro manifestano la sua grande umiltà e la sua intensa vita interiore.
La sua devozione a Maria era profonda e specialissima e veniva subito dopo a quella per Gesù e il Suo Cuore eucaristico. “È noto come il servo di Dio fosse devotissimo della Santa Madonna specialmente venerata sotto il titolo dell’Immacolata e di Ausiliatrice dei Cristiani. La festa di Maria Ausiliatrice era per lui un vero avvenimento” fa eco un altro salesiano, don Giuseppe Matta. Dovunque, in ogni suo scritto, in ogni lettera o ai confratelli o alle FMA, non mancava mai la sua esortazione ad amare la Madonna e ad avere grande fiducia in Lei.
Nelle conferenze che Don Rinaldi teneva mensilmente alle oratoriane di Valdocco, egli insisteva a ricordare loro l’affermazione di Don Bosco secondo cui “tutte le nostre cose più grandi ebbero principio e compimento nel giorno dell’Immacolata” (MB 17, 510) perché, continuava Don Rinaldi rivolgendosi alle oratoriane: “gli (a Don Bosco) pareva un frutto più assicurato tutto ciò che si faceva in questa occasione” (QC pg88; novembre 2019) e ancora: “Don Bosco ha sempre dato un’importanza speciale alla Festa dell’Immacolata; per lui era un giorno di marca, il giorno delle grandi decisioni per l’andamento di una Casa, l’indirizzo di un Collegio. Era il giorno dei grandi provvedimenti anche per le persone. Per ciascuno dei suoi figli doveva segnare un passo in avanti nella perfezione” (QC pg121, novembre 1920).
Molto felicemente, queste conferenze sono state raccolte in un quadernetto, il Quaderno Carpanera (dal nome di una delle oratoriane) scoperto nel 1978 presso l’archivio centrale delle FMA. In esse, si trovano una miniera di esortazioni rivolte alle oratoriane, non solo per spronarle ad amare la Madonna, ma anche soprattutto per invitarle ad imitarne la vita.
“Maria SS. nella sua vita mortale ha sempre fatto una vita nascosta, attendendo al bene alla sua portata, perché essa doveva essere il modello in generale delle figlie comuni; e quindi non il modello delle grandi anime, le quali sono rare eccezioni. Maria SS. è il modello di tutte le donne, è la prima fra le creature del mondo, perché non ha fatto niente di straordinario: vita umile, semplice, come la vostra, alla portata di tutti…faceva già da Madre in questo mondo, era già l’Ausiliatrice del popolo cristiano; notate le sua sollecitudine alle nozze di Cana; manca il vino, Ella con uno sguardo amoroso e una preghiera a Gesù, risparmia l’umiliazione ai novelli sposi; la sua corsa fino all’estremità della Galilea per assistere la cugina Elisabetta, né la sgomenta la fatica, né i pericoli, né la sofferenza del lungo viaggio; e così in tutti quei piccoli tratti che il Vangelo accenna, spicca la sua sollecitudine; amava tutti nella sua semplicità e si dava totalmente a tutti senza pretesa alcuna. Se sapessimo imitarla ci prepareremmo veramente bene per il mese di Maria SS. Ausiliatrice” (QC pgg.136,137 febbraio 1921).
Uomo di grande fede, don Rinaldi volle riprodurre nella sua vita in special modo l’interiorità di Don Bosco e la sua paterna maternità, ovvero la sua capacità di avere una paternità dai tratti materni. Centrale fu in questo senso l’umile serenità con la quale sapeva accogliere tutti, ascoltare tutti e avere a che fare con diverse problematiche davanti alle quali, pur fra le spine, conservava una calma fiduciosa, frutto dell’unione con Dio. Le oratoriane di Valdocco furono le privilegiate della sua cura paterna e proprio avvicinando le loro anime, colse in alcune il desiderio di unirsi maggiormente a Don Bosco, di vivere del suo stesso spirito, di perfezionarsi e di esercitare nel mondo le stesse opere esercitate dai salesiani. Con grande spirito di iniziativa, “intendendo prendere un ideale inattuato di Don Bosco e dandogli forma”, come ebbe a dire Don Egidio Viganò, le accompagnò alla Consacrazione al Signore, mettendole sotto la speciale protezione dell’Ausiliatrice. Nel terzo giorno della novena in preparazione alla Pentecoste e vigilia del Triduo in preparazione alla Solennità di Maria Ausiliatrice, il 20 maggio 1917, don Rinaldi diede principio a quella che un suo biografo definì “la sua opera più indovinata e personale” ovvero quello che in seguito divenne l’attuale istituto secolare delle Volontarie di Don Bosco (clicca qui per saperne di più).
Così don Rinaldi si raccomandava che fosse la vita quotidiana delle Volontarie e il suo paterno consiglio davvero suona ancora attuale per ciascun ragazzo o ragazza che vuole stare con Don Bosco:
“Sia vostro impegno di studiare a riprodurre Maria SS. in voi, ciascuna al suo posto, nel proprio lavoro, nella sua posizione; deve essere una vita semplice, in voi niente di straordinario, ma colpisca soprattutto la grande carità del vostro tratto, delle vostre azioni, delle vostre parole…voi però dovete operare nello stato vostro. Don Bosco diceva “operate dove vi trovate” e voi arriverete a fare molto bene con il buon spirito e con la carità” (QC, 77, 142; ottobre 1919, maggio 1921).
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