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La preghiera sotterranea

È arrivata improvvisa la neve. Ha portato freddo e calore al tempo stesso. Perchè ci ha introdotto all'intimità dell'inverno, a quella sensazione di casa e focolare che ci prende quando è freddo, che ci induce a rallentare il ritmo e a riflettere un po' di più.


La preghiera sotterranea

 

                   «Se uno è innamorato sa bene la differenza tra parlare con sé stesso e parlare con il suo amore. E forse parlare con Dio è un po' così...»

          È arrivata improvvisa la neve. Ha portato freddo e calore al tempo stesso. Perchè ci ha introdotto all'intimità dell'inverno, a quella sensazione di casa e focolare che ci prende quando è freddo, che ci induce a rallentare il ritmo e a riflettere un po' di più.

          Forse anche i miei studenti sono stati colti da questa sindrome. In una terza, pur partendo da tutt'altro, si è aperta un'inattesa finestra sul loro mondo interiore, sul loro modo di pregare. L'eutanasia affaccia sulla morte e la morte porta con sé domande che di solito sono sopite. Ma quando capita che si apre la "pentola" e si guarda dentro, si vede che quello che sta "bollendo" è molto più importante di quello che si pensava. Ha iniziato Jonathan: "Oh, prof., le sembrerà strano ma ci penso spesso a come sarà la mia morte. Ma non mi spaventa, mi immagino che esco dal mio corpo e viaggio per il mondo e sento che Qualcuno mi parla e mi guida".

          "Eh, dai Jonathan - ribatte Giusi - cambia spacciatore!". Risata generale. "No, no, io non mi faccio di niente, lo so che vi sembra strano, ma lo penso sul serio" replica Jonathan. "Ma Giusi - faccio io - davvero credi che sia impossibile che Jonathan pensi queste cose?". "Vabbè, prof. impossibile no, ma non credo che ci pensi tutti i giorni, non è normale". "Tu ci pensi mai?", le chiedo. "A volte si, dai, a volte mi capita anche di pensare a Dio e di parlarci, ma mica sempre... quando sono giù o anche quando sono molto felice... dai succede... credo sia naturale che uno si rivolga a Qualcuno di più grande". "Anche quando sei felice? - ribatto - questo mi sembra davvero insolito".

          "Perchè insolito prof.? - interviene Anna - a me capita spesso di ringraziare quando sono felice, è come se in questo modo la roba bella che vivo si moltiplica". "Si moltiplicasse - le dico - usa bene i verbi". "Vabbè, ci capiamo.. si insomma è più bello se ringrazio Qualcuno che mi fa essere così in quel momento". "Ecco, questa cosa che ci dice Anna mi piace molto - dico alla classe - ma vorrei sapere come fate, come lo dite, che parole usate...".

          "Io non dico le preghiere, anche perchè non le so... - riprende Jonathan - però è come se sentissi una roba dentro di me e anche sopra... a volte mi fa sentire bene, a volte mi fa sentire in colpa, magari lo so che ho fatto una stronzata... però è come se alla fine io e 'sto Qualcuno ci capissimo sempre". "Vabbè dai, parli con te stesso, e te la racconti da solo" commenta Gianluca. "No Giangi, - riprende Anna - secondo me Jonathan non se la racconta. Io sento una roba simile: è diverso quando parlo con me e quando cerco di parlare con Dio... non so come dirlo però è differente... dai, con Dio assomiglia... a come parlo con Ele (Eleonora è la sua grande amica)". "Seeh! - sbotta Gianluca - Dio che assomiglia ad Eleonora, ma dai!". Risata generale. "Beh, se siamo fatti tutti a sua immagine - dico io - anche Eleonora assomiglia a Dio in qualche modo".

          "Prof. è più facile che Dio assomigli a noi perchè ce lo siamo costruiti noi - riprende Gianluca - io non prego, mi capita di pensare a me, di riflettere, ma non ho mai la sensazione che Qualcuno mi ascolti". "Come si vede che non ti sei mai innamorato!". All'improvviso e con un energia insolita Elisa irrompe nella discussione e con un allungo di spada "colpisce" Gianluca sul vivo, svelando il suo interesse per lui. Gianluca accusa: "Sì, è vero non mi sono mai innamorato, ma questo cosa centra?". "Centra sì - riprende Anna - se uno è innamorato sa bene la differenza tra parlare con sé stesso e parlare con il suo amore, anche se lo fa immaginandolo dentro di sé. E forse parlare con Dio è un po' così..."

          Poche settimane fa ero a Milano, ad un convegno all'Università Cattolica, dal titolo "Fede e religione nell'epoca post-secolare". La fatica più grossa che hanno fatto i relatori è stata tentare di articolare il modo, la forma che prende oggi la fede, dopo l'epoca della secolarizzazione. Se fossero stati in classe, nella mia terza, l'avrebbero visto coi loro occhi. E avrebbero visto che esiste una preghiera sotterranea, mai evidente e "socializzata", che rinasce in queste generazioni in modo assolutamente selvatico. Fuori e a volte anche contro i "canoni" delle forme religiosamente riconosciute, ma indubitabilmente autentica, che con fatica e senza sistematizzazione cerca di salire verso il cielo.

          Mi chiedo allora: come è possibile che nelle nostre forme canoniche sia così raro e difficile dare ospitalità e sostegno a questa preghiera sotterranea? Penso alle nostre liturgie, non solo le messe, dove tutto è "canonico", "strutturato" e "socializzato" e lo spazio per l'irrompere del selvaggio bisogno di Dio resta quasi assente. In una serata di evangelizzazione di strada, due mesi fa, un trentenne, dopo aver vissuto un momento di preghiera in chiesa poco strutturato, mi diceva: "Non mi capita quasi mai di stare in chiesa a pregare. Poterci stare senza troppi schemi e vincoli è stato davvero toccante, bello, non me lo aspettavo. E ho sentito che si può pregare anche in chiesa". Paradossale davvero!

 

 

Gilberto Borghi

 

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