L’universo, la natura, gli atomi, le forze fisiche e gli elettroni. Tutto ciò che studia la scienza ci parla di Dio. Oggi ci lasciamo provocare dalle parole di un grande matematico italiano: Ennio De Giorgi.
La ricerca di De Giorgi è mossa dalle esigenze rigorose della ragione e da quelle profonde di uno spirito che si interroga. Su questo terreno si ritrovano insieme chi professa una fede religiosa e chi si dichiara non credente o “diversamente credente”. È il terreno della insopprimibile domanda di significato e della ricerca di valore nelle persone e nelle cose, e nello stesso tempo è il terreno della analisi critica e dell'appello alla ragione.
Il suo pensiero si svolge intorno agli interrogativi che riguardano l'esperienza della vita e a quelli che emergono dalla scienza: la solidarietà umana, la dignità della persona, il ruolo degli scienziati nella costruzione di una cultura di pace, il senso della scienza e della ricerca scientifica, il fascino del mistero che si incontra nella riflessione sulla scienza...
De Giorgi aveva un linguaggio semplice e diretto, tipico dello scienziato che cerca di fare chiarezza nei problemi complessi; le sue analisi acute e profonde a volte stupiscono per la semplicità dei termini in cui sono espresse. Era naturalmente capace di entrare in comunicazione con ogni persona che gli si rivolgeva, quale che fosse la sua cultura o il suo credo.
Egli citava spesso la “sapienza” delle scritture, che prediligeva per la sua ricchezza di significati. È la sapienza che esige il dialogo e la condivisione del sapere. Ad essa tende ad adeguarsi il linguaggio della matematica:
Un giusto rigore del linguaggio matematico non è espressione di un desiderio di isolarsi dalla maggior parte degli studiosi, ma nasce invece dalla volontà di condividere il proprio sapere con il maggior numero di persone, di comunicare certezze, dubbi, problemi con la massima chiarezza, con il minimo rischio di malintesi, ambiguità, equivoci. Possiamo dire che in questo la matematica condivide l’ideale “conviviale” della “Sapienza”, che ha animato i saggi dell’antichità, che ritroviamo nel termine “simposio” che abbiamo ereditato dai filosofi greci, nel termine “convivio” usato da Dante Alighieri, nella bella immagine usata dal più antico libro sapienziale della Bibbia, il Libro dei Proverbi, quando dice che la Sapienza ha costruito una casa su sette colonne, ha preparato in essa un grande banchetto e manda le sue ancelle per la città per diffondere gli inviti (Proverbi 9,1-6). Questa immagine mi piace molto e non mi stanco di ricordarla a me stesso e a tutti coloro che si occupano di insegnamento e di divulgazione scientifica; penso che avremo tutti il massimo successo se sapremo sempre presentarci non come sapienti ma come amici e servi della Sapienza.
[La matematica tra sogno e realtà, selezione per la XXXVI Olimpiade di Matematica, Cesenatico, 1995]
Questo invito incoraggia tutti a partecipare a quella festa dell'intelletto e dello spirito che si realizza quando alcune persone uniscono le loro intelligenze e le loro volontà, dialogando con il sincero desiderio di progredire insieme.
De Giorgi rifletteva spesso sull'utilità del metodo matematico, fondato su assiomi, ipotesi e verifiche, per la costruzione di un linguaggio che permetta di comunicare anche in altri ambiti del pensiero umano in maniera chiara ed efficace:
È un metodo che apparentemente sembra abbastanza debole, di fatto si è rivelato di una forza straordinaria, ha permesso la costruzione di teorie grandiose sulla base di pochi e semplici postulati. Non so quanto il metodo assiomatico sia applicabile con i necessari adattamenti fuori della matematica. Certamente in molte discussioni si potrebbe raggiungere una maggiore serenità se ogni parte cercasse di formulare con la massima concisione e chiarezza le proprie affermazioni e di valutare ogni affermazione altrui indipendentemente dall'opinione, positiva o negativa, che può avere sul suo autore. [Matematica e sapienza, conferenza tenuta presso l'Accademia pontificia delle Scienze il 3 ottobre 1991]
Questa ricerca di un linguaggio comune ha condotto De Giorgi a promuovere la conoscenza della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 10 dicembre 1948, che apprezzava allo stesso tempo per la semplicità e per la ricchezza delle idee, e della quale suggeriva una lettura attenta anche al confronto con la realtà attuale. Egli sottolineava l'importanza, in vista di un progresso autentico, di “non illudersi che una pace durevole possa essere raggiunta senza il rispetto di tutti i diritti umani”.
Certo, tutti i suoi scritti sono intrinsecamente permeati della sua fede cristiana, anche se in maniera implicita. Per una sorta di riservatezza egli ne parlava solo quando si presentava l'esigenza di una chiara testimonianza. Questa sua prospettiva, ben nota nel mondo scientifico, ha sempre incontrato un grande rispetto e talvolta suscitato un forte interesse. La sua era una fede serena e intensa, meditata e approfondita continuamente, vissuta con coerenza nell'insegnamento, nel generoso e amichevole rapporto con tutti gli interlocutori, nella stessa ricerca scientifica.
Particolarmente sorprendenti sono le sue osservazioni sul ruolo del mistero nella scienza e nella religione e sul concetto di fede, ad esso legato in molti sensi. Così ci fa riscoprire il valore concreto del detto latino credo ut intelligam, “credo per capire”:
Per cominciare a capire bisogna avere fede: senza fede nell’ordine dell’universo non si può fare della fisica; senza fede nella libertà e nelle potenzialità dell’uomo non si può fare etica; senza fede nella possibilità di miglioramento della società non progredisce l’organizzazione politica, economica, sociale e culturale; senza fede nella capacità e sensibilità degli allievi non è possibile un buon insegnamento. [La matematica e la sapienza, Casarano, 1994]
È un grande scienziato colui che riflette su questo concetto, secondo una prospettiva evidentemente lontanissima da molti discorsi, purtroppo tanto superficiali quanto diffusi.
L'avventura scientifica e umana di De Giorgi ha unito il desiderio di conoscenza e l'amicizia aperta ad ogni persona e ogni popolazione, il progresso del pensiero guidato dalla ragione e dallo spirito e la riflessione sull'incontro meraviglioso della scienza con il mistero.
È un incontro rigorosamente scientifico quello che De Giorgi ci mostra. Nei due brani che riportiamo qui di seguito troviamo espressioni chiare e sorprendenti:
Ogni volta che si tenta un inquadramento dall'interno della matematica ci si trova di fronte a difficoltà invincibili e, in sostanza, si incontra una certa forma di mistero. Operando come matematico sono portato ad ammettere che non solo le cose che esistono sono, come è ovvio, più di quelle che conosco, ma che per poter parlare delle cose conosciute sono costretto a fare riferimento a cose sconosciute e umanamente inconoscibili. Non riesco mai a delimitare due zone: una di perfetta chiarezza e una di totale oscurità. È sempre incerto il confine fra le cose conosciute o conoscibili e le cose sconosciute e inconoscibili. [Matematica e Religione, articolo di De Giorgi su l'Osservatore Romano'' del 18 novembre 1978].
Questa difficoltà non nasce da radici irrazionali, ma dal cuore stesso della più razionale delle scienze. Riflettendo su questi aspetti della matematica, mi capita spesso di pensare alle pagine in cui Pascal parla della grandezza e della miseria dell'uomo e credo che in esse vi sia anche il riflesso della sua esperienza di grande matematico. Si può aggiungere che la constatazione della forza e della debolezza della ragione umana ci aiutano a sentire la matematica come parte viva della tradizione sapienziale, erede della più antica sapienza ebraica e greca in cui tutti possiamo riconoscere le radici della nostra cultura. Se, per esempio, consideriamo le figure emblematiche di Socrate e Salomone, troviamo che l'uno e l'altro invitano al riconoscimento della nostra ignoranza, delle difficoltà che incontriamo nell'apprendere e nel comunicare ciò che abbiamo appreso. Essi inoltre ci insegnano che la sapienza è un bene comune a tutti gli uomini, che tutti sono chiamati, nei limiti delle loro possibilità, a ricercarla, amarla, comunicarla agli altri, come una ricchezza che non diminuisce ma aumenta quando viene condivisa. [Matematica e Sapienza, cit.]
Le considerazioni di De Giorgi sono affascinanti e nello stesso tempo scientificamente coerenti.
Ogni volta che abbiamo potuto riproporne alcune, diverse persone, credenti e “non credenti”, hanno voluto manifestare il loro gradimento, quasi che si fossero sentite invitate a un “convivio” nel quale si sono trovate a loro agio.
In quelle occasioni crediamo di avere colto in tanti interlocutori un senso di attesa: l'attesa di un invito a percorrere insieme, guidati da una comune tensione spirituale, qualche tratto di strada nella difficile ricerca del bene e del vero, mediante un dialogo che non risulti estraneo a quanti hanno una cultura e un linguaggio che essi stessi definiscono con i termini “laico” e “razionale”.
In una cultura europea e in genere “occidentale” nella quale la dimensione spirituale e di fede ha poca evidenza, ma è possibile scorgerne un’attesa spesso inespressa, la prospettiva di De Giorgi incontra e incoraggia il bisogno di capire e la tensione verso il vero e il bello di ogni persona.
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Articolo di: Antonio Marino e Francesca Marino
Tratto da: Disf.org
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