Nel suo libro, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), il tema di Dio non appare neppure vagamente all'orizzonte. Eppure arriva alle stesse conclusioni dei cattolici.
del 16 marzo 2017
Nel suo libro, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), il tema di Dio non appare neppure vagamente all’orizzonte. Eppure arriva alle stesse conclusioni dei cattolici.
Biondissima bellissima occhi celestissimi e fisico mozzafiato, poco più che trentenne, tre figli, Thérèse Hargot sembra fatta apposta per spernacchiare tutti i luoghi comuni sul sesso. Questa giovane belga trapiantata a Parigi ma con lunghi trascorsi newyorkesi, infatti, da sessuologa laureata in filosofia, master alla Sorbona, si interroga sui danni della liberazione sessuale e dell’aborto, sostiene l’intelligenza e la ragionevolezza dei metodi naturali, avversa fieramente la pillola e l’eccessiva libertà sessuale dei ragazzi, e ritiene che parlare loro di sesso a scuola come si fa oggi sia estremamente dannoso.
Ma fa tutto questo da super laica, non credente immagino: nel suo libro, Una gioventù sessualmente liberata (o quasi), il tema di Dio non appare neppure vagamente all’orizzonte. Eppure arriva alle stesse conclusioni dei cattolici (ma non diteglielo, credo sia insofferente a riguardo).
Se dici “metodi naturali” in Italia, temo che la maggior parte della gente pensi a una tecnica vegana, che so, per produrre lo yogurt in casa coi fermenti. Nei cosiddetti libri di scienze che i nostri figli devono comprare per frequentare le scuole statali (gli stessi che spacciano teorie per scienza, tipo darwinismo e riscaldamento globale, che appunto essendo teorie dovrebbero poter essere abbracciate o meno, non insegnate come verità, ma lasciamo stare ora), in quei libri, dicevamo, nelle copiose pagine dedicate alla contraccezione, i metodi naturali sono poco più che una nota a pie’ di pagina, trattati alla stregua di una curiosità o di una nota di folclore. Qui da noi è solo la Chiesa che li propone, li spiega li insegna e li difende. E una esigua minoranza che li vive, o almeno ci prova.
Nell’immaginario collettivo la donna che segue i metodi naturali è una povera sfigata, tendenzialmente racchia e sempre incinta, non una bionda con le physique du role da attrice che parla di sesso tutto il giorno – ai ragazzi nelle scuole, ai grandi nel suo studio privato – e ci autorizza a pensare che abbia una vita sessuale pienamente soddisfacente, e insieme stabile (è sposata con un solo uomo) e feconda (hanno tre bambini).
Il suo no alla pillola, dunque, è un preziosissimo alleato del nostro no, intendo di quello di noi cattolici, che diciamo no a tutto quello che impedisce a Dio di prendere l’iniziativa sulla nostra vita. Il no della Hargot è un no che prende le mosse solo dalla ragione, dall’osservazione della realtà – ciò che facciamo anche noi credenti, vedi una per tutte Fides et ratio – senza neppure avere bisogno del passo ulteriore, quello della fede.
Perché la pillola è nemica della donna, fa il gioco dell’uomo, rende il corpo femminile perennemente a disposizione dell’uomo senza che rischi di prendersi delle responsabilità. E poiché il desiderio della donna a causa della azione ormonale della pillola viene inchiodato al suo livello più basso – come quando, naturalmente, la donna è infeconda – è lei la prima a trarne svantaggi.
Quella della Hargot è dunque una rivendicazione di una sessualità vissuta in pienezza e in modo soddisfacente per entrambi, non solo a favore dell’uomo. Insomma, la questione fa tutto il giro e finisce capovolta: la pillola non è una conquista femminista, ma una fregatura: “eredi di un femminismo che si ritorce oggi contro le donne stesse, perché invece di modificare la società patriarcale le si è totalmente sottomesso, incoraggiando le donne a modificare il proprio corpo al fine di adattarvisi”. Esattamente quello che succede con l’aborto e con l’essere costrette a lavorare come uomini, come se non avessimo tempi ed esigenze diverse (qualche signore ha presente cosa possa significare tornare al lavoro con un bambino di massimo quattro mesi come prevede la legge italiana, allattato esclusivamente al seno come prevede la natura, tirando il latte di giorno per coprire le assenze, alzandosi di notte per poi, la mattina dopo alle otto, fingere di essere sveglie alla scrivania o al bancone o in corsia o dovunque si lavori?).
Per non parlare dei casi di morte – una ventina all’anno solo in Francia – o paralisi – riguardano 2500 francesi ogni anno – che fanno passare in secondo piano cancro al seno, tumori al fegato, infezioni vaginali, alterazioni della libido, vomito, acne ed eruzioni cutanee, variazioni di peso, dolori mammari, cefalee, asma, secrezioni dai seni, depressione, emicranie, nausee, perdita dell’udito. Per quale motivo ci condanniamo a tutto questo? E per cosa? Solo per non aprire alla possibilità di un figlio (neanche così minacciosa, io conosco più persone che fanno fatica a concepire che il contrario, purtroppo) rischiamo la pelle, o almeno la salute, e ci neghiamo il piacere di un sesso vissuto in pienezza (il calo della libido nel bugiardino della pillola è elencato come solo uno degli effetti collaterali, come se fosse una bazzecola).
Il discorso sui metodi naturali, efficacissimo nella pars destruens di tutti i metodi contraccettivi artificiali, a dire il vero nel libro secondo me manca della pars construens, cioè di tutta la riflessione sulla bellezza di una sessualità consegnata, la teologia del corpo di Giovanni Paolo II, ma proprio per questo è ancora più efficace, perché parla al mondo con gli argomenti del mondo.
Allo stesso modo la critica all’approccio alla questione omosessuale (non esiste l’omosessuale, esiste solo una persona con delle inclinazioni), la critica alla libertà sessuale degli adolescenti e quella alla pornografia – “in sei anni, l’umanità ha guardato l’equivalente di 1,2 milioni di anni in video pornografici e ha visitato 93 miliardi di pagine porno su piattaforme gratuite. Ciò che era sulfureo è diventato all’improvviso banale” – si limita a fotografare in modo scientifico le conseguenze negative che certe condotte hanno sul desiderio, sul godimento sessuale, senza alcun giudizio morale, ciò che rende questo libro praticamente inattaccabile, e sempre sia lodato Giovanni Marcotullio che lo ha scovato e tradotto per l’Italia.
Di fronte all’infelicità diffusa nella sessualità – la Hargot ha ascoltato migliaia di storie a riguardo – è ora che il mondo si faccia qualche domanda. Questa presunta liberazione ci ha lasciati senza niente in mano. Bisogna ripartire dalle basi. Prima di reclamare la libertà a fare qualsiasi cosa ci salti in mente, bisogna ricordare che “per stare insieme a qualcuno, bisogna innanzitutto essere qualcuno”. Perché la sessualità non è quella specie di ginnastica a cui l’ha ridotta il mondo oggi, ma ha a che vedere con la sfera più profonda, intima e unitaria dell’individuo, cioè la persona, e può essere molto, molto più bella di quanto ci hanno fatto credere.
Costanza Miriano
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