Martini, che conosceva benissimo Paolo VI, con la sua solita efficacia descrive Montini attraverso pochi attributi, ma densi di significato: uomo del dialogo e dell'ascolto personale, padre, rispettoso del lavoro altrui...
del 09 novembre 2018
Martini, che conosceva benissimo Paolo VI, con la sua solita efficacia descrive Montini attraverso pochi attributi, ma densi di significato: uomo del dialogo e dell’ascolto personale, padre, rispettoso del lavoro altrui...
La canonizzazione di Papa Paolo VI è un’ottima occasione per provare a ri-considerare questo grande Pontefice
alla luce di quanto ne dicono altre grandi figure della Chiesa del nostro tempo; e allora andiamo a leggere le pagine -fino ad ora inedite- di un discorso che Carlo Maria Martini tenne il 2 ottobre 2008 al Centro culturale san Fedele di Milano, pubblicato sul mensile Aggiornamenti sociali, nel mese di ottobre 2018.
Nelle pochissime pagine di cui si compone il discorso del cardinale vengono fuori alcune caratteristiche di Montini che possono essere utili ad arricchirne la nostra conoscenza, ma soprattutto a guardarlo come vera e propria guida in questi tempi, che lo stesso Martini ha definito come: «un deserto di frammentazione culturale, dove facciamo fatica a riconoscerci […], nel quale la gente è stanca, inquieta, agitata […], frustrata […]» e dove: «le persone non riescono a percepire nelle loro giornate la presenza di un mistero sovrano e amico, che accompagna» (Guide in tempi difficili, Àncora 2014).
Martini, che conosceva benissimo Paolo VI, con la sua solita efficacia descrive Montini attraverso pochi attributi, ma densi di significato: uomo del dialogo e dell’ascolto personale, padre, rispettoso del lavoro altrui.
L’arcivescovo di Milano parlando di Papa Montini come: «uomo del dialogo personale […], dell’ascolto del singolo […], che cercava di cogliere le sfumature della identità personale», fa riferimento a un episodio emblematico: «In un’udienza di duecento professori da tutto il mondo, il segretario […] ci fece una sorta di “catechesi”, raccomandando dopo i discorsi di non avvicinarsi al Papa, “perché altrimenti si sente senza fiato; bisogna lasciargli spazio e che lui cominci a parlare con ciascuno”».
Il cardinale ne sottolinea poi la dimensione paterna quando racconta come Montini in un momento di grave crisi dell’Istituto biblico (che Martini in quel momento dirigeva), venne in soccorso destinandogli la somma necessaria: «è stato capace di rendersi conto delle mie necessità e mi [fu] vicino».
Racconta poi la grande attenzione e considerazione che il Pontefice aveva nei confronti di chi ne sapeva più di lui, anche qui attraverso un aneddoto: «Una volta andai da lui […] per comunicargli una possibile scoperta che avrebbe forse rivoluzionato un po’ anche la storia del Nuovo Testamento. Io ero pieno di entusiasmo delle prospettive che si sarebbero aperte. […] Montini rimase un po’ scettico, un po’ freddo. Poi disse: “Alla fine i competenti vedranno” […], era molto oggettivo e rispettoso delle competenze».
Attraverso queste poche caratteristiche viene fuori un ritratto di un uomo che veramente era in grado di essere un
Padre, per dirla con Massimo Recalcati: «che sa portare e donare la parola» (Ritratti di desiderio, Raffaello Cortina 2014), nel senso cioè di uomo che sa farsi testimone della necessità di uscire da se stessi e andare incontro all’Altro, accogliendolo, ed entrando in relazione rispettosa, ma proficua, con lui.
Una vera e propria guida in tempi difficili, un santo con gli occhi e le braccia aperte sul mondo.
Luca Mazzocchetti
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