"Scienza e Fede". Una rubrica che racconta le storie di scienziati credenti, esplorando il dialogo tra il rigore scientifico e la spiritualità.
Pavel Florenskij
Pavel Aleksandrovič Florenskij (1882–1937) è stato un teologo, filosofo, matematico, scienziato e sacerdote ortodosso russo, spesso definito "il Leonardo da Vinci russo" per la sua vastissima erudizione e poliedrica attività intellettuale.
Nato il 21 gennaio 1882 a Evlach (oggi in Azerbaigian), Florenskij crebbe in una famiglia colta e si distinse presto per le sue doti intellettuali. Studiò matematica e fisica presso l'Università Statale di Mosca, laureandosi con il massimo dei voti. Durante i suoi studi universitari si avvicinò alla filosofia e alla teologia, sviluppando un interesse profondo per il pensiero cristiano ortodosso.
Florenskij entrò nel seminario ortodosso e nel 1911 fu ordinato sacerdote. Nello stesso anno pubblicò la sua opera più nota, "La colonna e il fondamento della verità", un lavoro teologico e filosofico in cui intrecciava mistica, filosofia esistenziale e pensiero scientifico.
La sua carriera accademica fu altrettanto brillante: lavorò come professore e ricercatore in vari ambiti, dalla fisica alla linguistica, dalla teoria dell'arte all'ingegneria elettrica. Fu anche inventore e contribuì allo sviluppo di tecnologie innovative, tra cui ricerche sui materiali isolanti.
Nonostante la sua fedeltà alla fede ortodossa, Florenskij lavorò per il governo sovietico dopo la Rivoluzione d'Ottobre, occupandosi di progetti scientifici. Tuttavia, il suo profilo religioso e il suo pensiero lo resero inviso al regime. Nel 1933 fu arrestato con l'accusa di propaganda controrivoluzionaria.
Florenskij fu deportato nei gulag e continuò a scrivere e fare ricerca anche in condizioni estremamente difficili. Morì il 15 dicembre 1937 in un campo di prigionia vicino a Leningrado, probabilmente fucilato.
La sua eredità intellettuale e spirituale continua a essere studiata e valorizzata, specialmente per il modo in cui ha saputo unire scienza, fede e filosofia in una visione integrale del sapere umano.
“Ci sono due libri della rivelazione di Dio: la Natura, con a capo il cielo, e la Storia, con a capo la Bibbia. Due libri, due Bibbie. Questa, dall'antichità ai giorni nostri, l'idea prediletta dai pensatori religiosi. Anche affermando, tuttavia, la duplicità della rivelazione di Dio, non si manca mai di ribadire che i due libri - pur trovandosi in reciproca correlazione e sebbene il contenuto di ognuno sia parallelo al contenuto dell'altro - sono appunto due, e non si può dire che l'un libro sia l'altro e viceversa. Di conseguenza con ciò si ammette la non riducibilità dell'uno all'altro, cioè la loro reciproca incommensurabilità o, in altri termini, il loro trattare aspetti diversi dell'esistenza di Dio.
Uno è il Libro dell'Essere, l'altro è il Libro del Senso. E sebbene il Senso sia il senso dell'Essere, e l'Essere sia di fatto l'essere del
Senso, tuttavia Essere e Senso non si dissolvono l'uno nell'altro. Ammettendo tale irriducibilità, i pensatori riconoscono che il nome di Dio non è scritto con le lettere delle stelle né può esserlo; se così fosse, sarebbe un evento straordinario, un segno prodigioso che - pur accadendo in cielo - avrebbe a che fare più con l'ambito della Storia che con quello della Natura, poiché con l'ambito della Storia e non della Natura ha a che fare la Croce apostolica di Costantino.
Vero è che a uno sguardo mistico più profondo l'essere si dischiude quale senso pieno e la natura risulta costellata del Nome di Dio, così come ogni senso viene compreso nella realtà della sua propria esistenza, quale forza e sostanza creatrice. L'esperienza mistica, tuttavia, ci pone più nel profondo della divergenza tra Essere e Senso, tra Natura e Storia (...)”.
P. Florenskij, Il simbolo e la forma. Scritti di filosofia della Scienza. p.124-125
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