Il Papa nell'omelia: «Preghiera è via d'uscita dalle chiusure»
«Chiudersi in sé stessa, di fronte ai pericoli» è una «tentazione che sempre esiste per la Chiesa». Lo ha rilevato Papa Francesco, nell’omelia della Messa odierna per la solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, citando un “particolare” riportato dagli Atti degli apostoli: «Quando Pietro si trova miracolosamente libero fuori dal carcere di Erode, si reca alla casa della madre di Giovanni detto Marco. Bussa alla porta, e dall’interno risponde una domestica di nome Rode, la quale, riconosciuta la voce di Pietro, invece di aprire la porta, incredula e piena di gioia corre a riferire la cosa alla padrona». È questo racconto, “che può sembrare comico”, che per il Papa “ci fa percepire il clima di paura in cui si trovava la comunità cristiana, che rimaneva chiusa in casa”, e “la paura ci ferma sempre, ci chiude anche alle sorprese di Dio”. Ma anche in questo caso c’è lo “spiraglio” della preghiera”, e “la preghiera permette alla grazia di aprire una via di uscita: dalla chiusura all’apertura, dalla paura al coraggio, dalla tristezza alla gioia. E possiamo aggiungere: dalla divisione all’unità”. Il Papa ha centrato l’omelia sul binomio “chiusura-apertura”, a partire dalla lettura degli Atti degli apostoli, che presenta tre chiusure: “Quella di Pietro in carcere; quella della comunità raccolta in preghiera; e – nel contesto prossimo del nostro brano – quella della casa di Maria, madre di Giovanni detto Marco, dove Pietro va a bussare dopo essere stato liberato”. “Rispetto alle chiusure – osserva il Papa –, la preghiera appare come la via di uscita principale: via di uscita per la comunità, che rischia di chiudersi in sé stessa a causa della persecuzione e della paura; via di uscita per Pietro, che ancora all’inizio della sua missione affidatagli dal Signore viene gettato in carcere da Erode e rischia la condanna a morte”. Anche Paolo, nella seconda lettera a Timoteo (seconda lettura nella Celebrazione odierna), “parla della sua esperienza di liberazione”, ma è “una ‘apertura’ ben più grande, verso un orizzonte infinitamente più vasto: quello della vita eterna, che lo attende dopo aver terminato la ‘corsa’ terrena. È bello allora vedere la vita dell’Apostolo tutta ‘in uscita’ grazie al Vangelo: tutta proiettata in avanti, prima per portare Cristo a quanti non lo conoscono, e poi per buttarsi, per così dire, nelle sue braccia, ed essere portato da Lui ‘in salvo nei cieli, nel suo regno’”.
DALLA DIVISIONE ALL' UNITA'
È presente, come da tradizione, una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli che è stata salutata da Papa Francesco: «La preghiera permette alla grazia di aprire una via di uscita: dalla chiusura all’apertura, dalla paura al coraggio, dalla tristezza alla gioia. E possiamo aggiungere: dalla divisione all’unità. Sì, lo diciamo oggi con fiducia insieme ai nostri fratelli della Delegazione inviata dal caro Patriarca Ecumenico Bartolomeo, per partecipare alla festa dei Santi Patroni di Roma».
BENEDIZIONE E CONSEGNA DEL PALLIO.
Nella Solennità dei santi apostoli Pietro e Paolo, patroni della città di Roma, Papa Francesco benedice i sacri palli, destinati ai nuovi arcivescovi metropoliti. Si tratta di 25 presuli dei 5 continenti, 6 sono gli italiani, tra cui monsignor Zuppi arcivescovo di Bologna, monsignor Lorefice, arcivescovo di Palermo, monsignor Tisi arcivescovo di Trento, monsignor Accrocca arcivescovo di Benevento, monsignor Ligorio arcivescovo di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo e il domenicano Lorenzo Piretto, dallo scorso novembre arcivescovo di Izmir (Smirne), in Turchia. Dallo scorso anno il Papa ha deciso di modificare la modalità di consegna del pallio ai nuovi arcivescovi metropoliti, mantenendo il significato della comunione tra il Papa e i nuovi arcivescovi e, al tempo stesso, dando più valore al legame con la Chiesa locale. La striscia di lana bianca, simboleggiante la pecora sulle spalle di Gesù Buon Pastore, sarà infatti consegnata e non più “imposta” dal Pontefice. L’imposizione del pallio ai nuovi arcivescovi avverrà invece nella loro diocesi per mano dei nunzi apostolici locali, alla presenza dei vescovi suffraganei e dei fedeli.
Redazione Avvenire.it
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