"È l'Avvento: il Signore viene; non resta lontano, non aspetta di essere cercato. Il Signore viene perché vuole stare con noi e indicarci la via del cielo. Viene perché ci vuole bene". L'omelia di questa Domenica scritta da don Gianni Ghiglione.
«La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi [la fede e la carità] e non si nota neanche». Quasi invisibile, la «piccola» sorella sembra condotta per mano dalle due più grandi, ma col suo cuore di bimba vede ciò che le altre non vedono. E trascina con la sua gioia fresca e innocente la fede e l’amore nel mattino di Pasqua. «È lei, quella piccina, che trascina tutto.»
Charles Péguy.
Voglio iniziare così la riflessione in questa prima domenica di Avvento. Entriamo nel tempo della Speranza. E la Speranza è vedere in profondità, è la certezza della presenza di un Dio che agisce a nostro favore. Siamo chiamati, insomma, ad avere un cuore ‘piccolo’, di ‘bimba’, per vedere ciò che gli altri non vedono!
È l'Avvento: il Signore viene; non resta lontano, non aspetta di essere cercato. Il Signore viene perché vuole stare con noi e indicarci la via del cielo. Viene perché ci vuole bene. Tutta la liturgia di questa prima domenica di Avvento ci invita a questa gioia e alla speranza che «con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (papa Francesco, Evangelii Gaudium 1).
Nella prima lettura il profeta Isaia pronuncia un oracolo nel contesto di un’accorata denuncia della corruzione religiosa del suo popolo. I pellegrini, infatti, si recavano numerosi al tempio di Gerusalemme per rendere culto con canti, preghiere, solenni liturgie, ma la loro condotta di vita era in contrasto con quanto proclamavano. Il profeta denuncia questa incoerenza e annuncia un evento straordinario e inatteso che descrive con toni poetici: «Il monte del Signore sarà saldo sulla cima dei monte e s’innalzerà sopra i colli … Venite, saliamo sul monte del Signore …».
Isaia sta dicendo che il monte del Signore sarà il più alto della terra, sarà il punto di riferimento, sarà la salvezza, la gioia di tutti. «Il suo monte santo, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. Il monte Sion, dimora divina, è la città del grande Sovrano» (Salmo 48,3).
Il monte è Dio, a Lui occorre appoggiarsi, perché il frutto di questo accostarsi e dell’ascolto della sua Parola è la pace, descritta con parole commoventi: gli strumenti di morte - le spade e le lance - saranno trasformati in mezzi di produzione e creazione, in vomeri e falci.
Isaia annuncia una pace basata sull’adesione di tutti i popoli alla parola del Signore. Quella parola che cambia i cuori, quella parola che porta armonia nel cuore ed elimina tutto il caos che può esserci dentro.
Come risuonano forti, dunque, gli appelli del profeta a salire sul monte del Signore, a camminare nella luce del Signore: «Venite, saliamo sul monte del Signore … Venite, camminiamo nella luce del Signore!».
Carissimi amici, non dobbiamo avere paura di scegliere la pace! Siamo invitati a fare una scelta coraggiosa di pace per i nostri cuori, per la nostra vita, per la vita dei nostri fratelli. Gesù è la Parola di pace. Egli «è la nostra pace» (Ef 2,14).
Il mondo di pace si instaurerà certamente, ma la sua costruzione sarà tanto più rapida quanto più decisa sarà la tua scelta di guardare a Cristo, di salire con Lui sul monte dove ti propone le Beatitudini e ti illumina con la sua Parola. Coraggio! Non avere paura, chiedi il dono della pace per te e per i tuoi fratelli. Puoi farlo con le parole stupende del salmo 121 che oggi la liturgia ci propone: «Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: su di te sia pace! Per la casa del signore nostro Dio, chiederò per te il bene».
Nella seconda lettura l’apostolo Paolo ci incoraggia a fare questa scelta di pace, di uno stile di vita diverso. Paolo è convinto che i cristiani si distingueranno per il loro stile di vita fondato sull’amore, ma chiede una presa di coscienza dell’importanza del tempo presente: «È ormai ora che vi svegliate dal sonno».
Il ‘sonno’ è la tentazione di oggi! Perché il nemico agisce quando ci si addormenta, quando la vigilanza si allenta e ci si abbandona alle dissipazioni e alle frivolezze, proprio in questo momento il nemico trova il modo di introdursi nelle menti e nei cuori per seminare il male.
Paolo, che vive tempi di tenebra come i nostri, dimostra una incrollabile certezza nella vittoria della luce. Non si lascia prendere dallo sconforto ed esorta alla speranza. I tempi sono drammatici, i problemi sembrano enormi, ma il pessimismo è una tentazione contro la speranza. L’apostolo Paolo non si lascia minimamente sfiorare da uno sguardo negativo. Anzi! Suggerisce i comportamenti da avere in questo tempo favorevole, in questo kairós. Raccomanda di gettare via le opere delle tenebre e indossare l’abito nuovo, quello della luce, quello del discepolo fedele.
Via gli eccessi alimentari: le sbevazzate, i bagordi, le gozzoviglie, le esagerazioni e gli sballi; via le sregolatezze sessuali: le immoralità, i disordini, gli eccessi; via le gelosie e la volontà di imporsi sempre sugli altri.
Al contrario rivestitevi di Cristo! Chi incontra un cristiano dovrebbe contemplare la persona stessa di Gesù, ascoltare le sue stesse parole, sperimentare i suoi sentimenti, la sua tenerezza, il suo amore per la verità e la giustizia, sentire il calore del suo cuore. La domanda che possiamo farci è questa: vivo così il mio essere cristiano? Chi mi incontra sperimenta tutto questo?
Non scoraggiamoci ma svegliamoci per camminare nella luce del Signore!
Anche il Vangelo richiama il tempo escatologico. Non spaventarti: escatologico non significa qualcosa di angosciante, di pauroso, ma indica l’ultima-parola (éschatos-lógos).
Oggi viviamo in un mondo pieno di parole e tutti vogliono avere sempre l’ultima parola. Che strano! Anche nel mondo politico giudiziario non ci si rassegna mai, si prolungano all’inverosimile certe questioni …. Perché tutti vogliono avere sempre l’ultima parola. Ma a chi spetta l’ultima parola sulla vita di ogni uomo? Chi pronuncerà la parola definitiva sul mondo?
Il vangelo denuncia il rischio di voler sapere tutto e dire tutto. La storia insegna! Si può ritenere, come ai tempi di Noè, che mangiare, bere, godersi la sessualità basti a riempire di senso la propria esistenza. Oppure la nostra professione può illuderci nell’essere sufficiente a riempire di senso la vita.
Attenzione! Gesù ricorda che e mette in guardia da questo pericolo, di vivere «nel consumo, nella tristezza individualista che scaturisce dal cuore comodo e avaro, dalla ricerca malata di piaceri superficiali, dalla coscienza isolata» (Papa Francesco, Evangelii Gaudium 2).
Vivendo così puoi essere sorpreso … «uno viene preso … l’altro lasciato». È preso, cioè salvato, colui che non è schiacciato dalle preoccupazioni di questo mondo, fatto a pezzi da questa cultura del provvisorio (come dice Papa Francesco). È lasciato colui che è tanto assorbito dal proprio lavoro e dal successo, che non ha tempo a pensare a nulla e non si lascia coinvolgere dalla proposta di Cristo.
Il messaggio è chiaro e attuale: chi non mette le proprie capacità a servizio della costruzione del progetto di Dio, ma le impiega per la costruzione di un proprio regno, viene lasciato, non introdotto nel regno di Dio.
L'Avvento c'invita a non restare prigionieri della paura e ad essere uomini e donne di speranza che vivono già oggi la speranza di Dio.
Ricordiamolo … «La piccola speranza avanza tra le sue due sorelle grandi [la fede e la carità] e non si nota neanche». Quasi invisibile, la «piccola» sorella sembra condotta per mano dalle due più grandi, ma col suo cuore di bimba vede ciò che le altre non vedono. E trascina con la sua gioia fresca e innocente la fede e l’amore nel mattino di Pasqua. «È lei, quella piccina, che trascina tutto».
don Gianni Ghiglione
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