I pareri di Roberto Mineo (presidente del "Ceis Don Picchi"), don Antonio Mazzi ("Exodus"), don Armando Zappolini (Cnca - comunità di accoglienza). Il giudizio negativo del cardinale Elio Sgreccia.
del 15 gennaio 2014
Sarà vero che l’unico modo per battere le narco-mafie, come sostiene lo scrittore Roberto Saviano, consiste nel legalizzare la droga partendo dalla cannabis? Sarà vero che esiste una netta differenza tra le droghe che alcuni considerano “leggere” e quelle che invece gli stessi considerano “pesanti”? È scientificamente dimostrabile questa distinzione, oppure - come molti ritengono - fanno male sia la cannabis sia le altre droghe, perché agiscono sul sistema nervoso, sul cervello e sulla psiche? Sono domande che la gente comune si pone, all’indomani dalla notizia che il senatore del Pd, Luigi Manconi, ha depositato il testo di un disegno di legge per la depenalizzazione, la coltivazione e la possibilità di cessione della cannabis. Mentre il leader di Sel, Nichi Vendola, ha subito dichiarato la sua adesione a questa iniziativa, il Sir ha sentito alcuni esponenti di comunità di accoglienza e recupero per tossicodipendenti, che esprimono, in maggioranza, le loro forti critiche e riserve verso la depenalizzazione. Hanno risposto Roberto Mineo (presidente del “Ceis Don Picchi”), don Antonio Mazzi (“Exodus”), don Armando Zappolini (Cnca – comunità di accoglienza). Di parere negativo anche il cardinale Elio Sgreccia.
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Mineo, come vede questo ennesimo tentativo di legalizzare la droga?
“Purtroppo con stupore e sconcerto, perché non si può accettare una situazione del genere, anche se si parla per ora di cannabis, che ha dimostrato i suoi effetti dannosi e che tanti problemi provoca a chi ne va in cerca e la usa. Se si arrivasse alla liberalizzazione, avremmo un popolo di giovani che in buona parte potrebbero diventare dipendenti da questa sostanza. L’effetto negativo sarebbe simile a quello del gioco d’azzardo: finché è stato illegale, era contenuto in ristrette cerchie e aree, appena è stato legalizzato per interesse dello Stato, sono nati migliaia di centri per il gioco, col risultato che oggi abbiamo quasi 2 milioni di giocatori ‘patologici’. Se è questo che vogliamo in Italia, bene: avremo un effetto devastante, perché oltre ai danni psichici, fisici e comportamentali, crescerà una generazione di persone dipendenti con tutte le conseguenze del caso. Mi chiedo che interesse ci sia dietro questo tentativo da parte di certi politici”.
Don Antonio Mazzi, lei che è il fondatore di “Exodus”, ci dice cosa ne pensa?
“Per me legalizzare la marijuana vuol dire, al di là del pericolo della sostanza, offrire un capriccio in più ai nostri figli. Il problema è che i capricci, comunque, fanno male e la droga in particolare. In un momento in cui dovremmo invece ridurre i ‘capricci’ vecchi, se ne vuole aggiungere uno nuovo e ‘legale’. Credo che la nostra società sia ipocrita e - permettetemi - ‘bastarda’, perché intende proporre un’azione diseducativa e molto pericolosa, soprattutto per il futuro dei più giovani. Anziché impegnarci tutti per stimolare verso lo studio, il lavoro, l’impegno civile e sociale, ecco che andiamo a offrire divertimenti equivoci, pericolosi dal punto di vista fisico, morale e spirituale, che rendono i nostri ragazzi ancora più viziati”.
Don Armando Zappolini, qual è la sua visione sul problema della cannabis “libera”?
“Io ritengo sbagliato l’approccio, che giudico ‘ideologico’, secondo il quale ogni droga è dannosa allo stesso modo. Equiparare le ‘leggere’ alle ‘pesanti’ è un dazio culturale che stiamo pagando da anni, senza una controprova scientifica. L’uso delle droghe leggere parla piuttosto di una vera emergenza educativa. Non sono sicuro che legalizzare sia del tutto positivo, sono invece sicuro che proibire e basta è invece negativo. Non condivido le campagne da crociata tipo quelle dell’on. Giovanardi: vedo tanti ragazzi che usano la cannabis e non diventeranno mai dei ‘drogati’ veri. Il confine vero sono le droghe pesanti e dobbiamo agire per non far cascare i giovani in mano alle mafie”.
Il parere negativo del cardinale Elio Sgreccia
Una voce autorevole del mondo cattolico, quella del cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita, si è fatta sentire sul tema della “droga libera”. Interpellato da un quotidiano nazionale ha tra l’altro affermato che “per quello che ho potuto studiare sulle dipendenze, le loro dinamiche e i fattori che possono aiutare i giovani a venirne fuori, quando sono caduti dentro la droga, ritengo che sia la coltivazione sia la liberalizzazione, anche delle droghe ‘leggere’, è un fattore negativo. Si è riusciti a fare qualcosa, con il ringraziamento successivo di coloro che sono riusciti a venirne fuori, dove si sono prese posizioni repressive, non nel senso punitivo della parola ma con l’aiuto al distacco”. Ha poi aggiunto che, a suo avviso, è necessario “togliere la distinzione, non fondata da un punto di vista psico-dinamico, tra le droghe leggere e quelle pesanti: perché dal leggero si passa facilmente al pesante” e la cannabis è “la porta d’introduzione”.
Di Luigi Crimella
Tratto da: http://www.agensir.it
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