Venerdì 9 novembre l'ateneo pontificio Regina Apostolorum, alle 17, conferisce attraverso padre Gonzalo Miranda un premio a Flora Gualdani per il suo impegno a favore della vita...
del 09 novembre 2018
Venerdì 9 novembre l’ateneo pontificio Regina Apostolorum, alle 17, conferisce attraverso padre Gonzalo Miranda un premio a Flora Gualdani per il suo impegno a favore della vita...
Prima di tutto devo chiedere scusa. Scusa perché non sono corsa prima a conoscere Flora, appena ne ho sentito parlare. Ci ho messo un bel po’ di tempo a farmi convincere ad andare di persona, e di questo devo ringraziare gli amici Laura e Filippo Fiani, che hanno insistito, e che da tempo mi dicevano “devi proprio incontrarla, devi venire ad Arezzo”; ma io, tra la famiglia, il lavoro e tutti i viaggi che faccio in giro per l’Italia non mi decidevo mai, non trovavo le forze. Avevo letto qualcosa di lei, mi sembrava una persona speciale, ma non avevo capito quanto. Anche perché c’è da dire che Flora non è una che fa un grande marketing di se stessa, come tutti i veri amici del Signore. Non è una che vende benissimo tutto il bene che fa.
Quando alla fine mi sono decisa, è stato amore a prima vista.
In un paese normale Flora avrebbe titoli, onorificenze, e anche se sono davvero contenta di questo premio, lei meriterebbe di più, dovrebbe essere ministro, non so, presidente della Repubblica, capo del mondo. Dovrebbero portare in gita le scolaresche, a casa Betlemme, per farla conoscere ai ragazzi, per raccontare loro che c’è una donna che mentre si sbandierava l’aborto come una conquista, concretamente, nel silenzio, salvava vite umane. Mentre il mondo gridava a gran voce reclamando la pillola, lei ha intuito prima di tutti gli altri che la questione procreatica sarebbe stata al centro di una grande ondata di infelicità che ha travolto le vite di tante persone qui in Occidente. Mentre le donne esultavano per quelli che – ingannate come erano – credevano essere i propri diritti, lei ne curava le ferite nel segreto, abbracciando quelle che avevano abortito, aiutandole a dare un nome, il vero nome, al loro dolore. Mentre la confusione aumentava., lei manteneva una straordinaria lucidità di giudizio.
Accoglienza e dolcezza, insieme a concretezza e verità. Flora è una donna che ha deciso di mettere la sua vita al servizio della vita. Che lo ha fatto con tutto il suo cuore – cioè mettendo le cose nella giusta gerarchia, con tutta l’anima – cioè impegnandosi, e impegnandoci l’eredità di suo padre e tutte le risorse, con tutta la mente – cioè preparandosi con professionalità, studiando, facendo esperienze all’estero, prendendo diplomi e brevetti e titoli, formandosi con serietà e con grinta. Tutto l’opposto dello stereotipo della bigotta pro life come viene raccontato dal mondo: una persona chiusa e con pochi strumenti, una retrograda triste e poco affascinante. Flora prima di tutto si è preparata in modo professionale. Ha studiato. Ha imparato a pilotare l’elicottero. È andata nelle zone più pericolose del mondo a far partorire le donne. È andata nelle zone di guerra a salvare dall’abisso le donne vittime di stupro. Ogni volta che si è posta un problema, lei lo ha affrontato andando alla fonte, andando a studiare e a parlare di persona con tutti, da papa Giovanni Paolo II ai coniugi Billings, passando per i teologi dissidenti. Una donna affamata di verità, che non si è mai stancata di cercarla. E, se è vecchio chi smette di ascoltare, Flora è giovanissima, è una adolescente, direi, perché lei si mette seriamente davanti ai problemi, e li affronta. Che siano pratici o teorici. Non si spaventa davanti a niente, perché è una donna con gli attributi, insomma.
Ci sarebbero da dire tante cose, una vita non si può dire in dieci minuti, soprattutto una vita così feconda, che ha generato tanta vita. Scelgo di dire soprattutto due cose che mi stanno particolarmente a cuore.
La prima: tutto per Flora parte da quella stalla che nel suo terreno lei ha trasformata in cappella. Tutto parte dalle ginocchia, dalla preghiera, dal suo rapporto quotidiano con il Signore. È inginocchiata sulla sua culla, a Betlemme, che Flora si è sentita chiamata in questa avventura in difesa della vita, da colui che E’ la vita. È da una relazione vera, concreta e vitale con una Persona che ha preso alimento quotidiano per la sua scelta di vita, a tratti molto impegnativa. Non è quindi ideologica, non ha fatto una battaglia di principio, ma si è messa in una relazione concreta e vitale, lasciandosi trasportare dove lo Sposo ha voluto.
Il secondo punto che mi preme tanto sottolineare è che non a caso il Signore ha messo uno dei suoi migliori soldati sul fronte della battaglia più decisiva. La battaglia sulla fonte della vita, la capacità generativa femminile è secondo me, molto più di quanto si è percepito, il centro di tutte le battaglie di questo momento storico. Non è solo la questione della generazione fisica, della procreazione, ma anche,e forse molto di più, la questione della custodia del senso che è affidata alle donne, perché Dio consegna l’umanità alla donna – Mulieris Dignitatem – e se la donna non prende in carico questa consegna, tutto il resto impazzisce. Una donna che tradisce la sua chiamata di essere disponibile alla vita, di cooperare con Dio – che non significa ovviamente fare tanti figli, non necessariamente – nella apertura alla difesa della debolezza, della fragilità, di ciò che non serve, che non produce, che non funziona, è una donna che non sa iniettare il senso nello spazio e nelle persone che la circondano. Al tema della generazione poi ne sono legati strettamente molti altri, tutti direi, più o meno direttamente. Dal modo di pensare l’economia, di gestire i movimenti dei popoli, le risorse, la politica. Il grande no alla vita che l’occidente ha detto negli ultimi 50 anni, non a caso la stessa età della profezia di Paolo VI, Humanae Vitae, ha condizionato lo spirito del nostro tempo, perché la temperatura di un’epoca è data proprio dalla vita spirituale delle sue donne. Per la controffensiva, Dio ha schierato i suoi soldati più valorosi: Edith Stein, Giovanni Paolo II, Gianna Beretta Molla, Chiara Corbella Petrillo, Maria Cristina Cella Mocellin e tante mamme coraggiose che come Chiara hanno naturalmente messo prima la vita dei loro figli, ma anche uomini dal pensiero lucido come il cardinal Carlo Caffarra. E poi la nostra Flora, che ha visto tante cose prima di tutti.
In questo momento di relativismo e di discernimento usato con malizia anche da tanti sacerdoti, siamo grati al magistero che non cambia, a papa Francesco che definisce l’aborto come affittare un sicario, a tanti pastori che sono rimasti fedeli al deposito della fede, e a tanti laici che hanno scommesso davvero, seriamente la vita sulle parole della Chiesa. Grazie Flora perché sei stata una roccia per tanti
Costanza Miriano
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