La non conoscenza porta alla diffidenza ed al sospetto, se poi aggiungiamo il pregiudizio è facile trarne le conseguenze: quelli che sbarcano sono un pericolo. Così non è a mio giudizio.
Non è facile parlare con lui, né con gli altri. Perché le immagini del passato e del presente si fondono e, adesso che sono tornati sull'isola da sopravvissuti, irrompono ricordi che scardinano la memoria.
In 11 mesi 499 corpi di migranti sono stati ripescati nel Canale di Sicilia, 1.446 risultano dispersi secondo i superstiti, mentre 91 mila persone sono state salvate e mezzo migliaio di scafisti arrestati.
«Oggi è il giorno della corresponsabilità. Una corresponsabilità che è innanzitutto serio ascolto delle coscienze, riconoscimento delle nostre omissioni e delle nostre stanche parole».
Dietro migliaia di migranti in fuga c'è la dittatura di Isaias Afewerki, che dal 1993 sta vessando il Paese, nell'indifferenza dei più importanti governi democratici.
Papa Francesco ci ha testimoniato ancora una volta, senza tante parole ma con la capacità di indicarci la direzione praticandola per primo, cosa significa oggi, nel villaggio globale e digitale, essere fratelli nel nome di Gesù.
Sorprende, nelle parole del Papa, l'accorata considerazione che forse nessuno piange più per questa sofferenza e per le tante morti, perché tutti ripiegati sul proprio io e volti alla soddisfazione dei propri, angusti desideri.
OMELIA DI PAPA FRANCESCO A LAMPEDUSA. Perdono Signore! Signore, che sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov'è il sangue di tuo fratello?».
C'è certo un immediato effetto concreto, nello sbarco di un Papa su una piccola isola, ripreso dalle tv di tutto il mondo: Francesco si porterà appresso le telecamere sempre puntate su di lui, e così forse Lampedusa uscirà dalla amnesia collettiva in...
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