Al Duomo l'ultimo saluto al migrante nigeriano ucciso...
Addio a Emmanuel Chadi Namdi, il 36enne nigeriano morto dopo una colluttazione con un ultrà, tra i canti e i colori della sua terra africana, l’abbraccio delle istituzioni dello Stato, il pianto straziante e inconsolabile della sua compagna Chinyere. Pieno il Duomo di Fermo: oltre alla presidente della Camera Laura Boldrini, alla ministra Maria Elena Bochi al vice presidente dell’Euroaparlamento David Sassoli e all’europarlamentare Cecile Kyenge, al presidente del Consiglio regionale delle Marche Antonio Mastrovincenzo, al sindaco Paolo Calcinaro, tanti rappresentanti delle associazioni di volontariato e di assistenza migranti, ma anche gente comune.
Contro le forme barocche della chiesa, spiccano i rossi e i neri degli amici del seminario arcivescovile, con fasce rosse sulla fronte in segno di lutto come si usa in varie parti dell’Africa. Abito e fazzoleto bianco per Chinyere, la 24enne giunta in Italia con Emmanuel e a lui legata da una promessa di matrimonio. Intorno a lei le piccole Sorelle Jesu Caritas, che l’assistono e le fanno aria. Ma la tensione è troppa per la giovane donna, che sviene, proprio nel momento di scambio del segno di pace e viene portata fuori: dopo qualche minuto soccorsa in una ambulanza rientra in chiesa e rimane sino alla fine della cerimonia.
Il rito è quello tradizionale per i funerali della chiesa cattolica, ma arricchito alla fine da uno spazio dedicato agli amici e ai conterranei di Emmanuel. Che prima leggono in francese e in inglese passi degli Apostoli, poi li parafrasano: «Nessun uomo nasce per sé e vive per sé, tutti viviamo in Dio. È Dio che ci ha fatto bianchi e neri, siamo di colori diversi, ma nelle nostre vene scorre lo stesso sangue». È il momento più commovente che molti in chiesa seguono con le guance rigate di lacrime, fino ad un applauso finale quando i ragazzi concludono «Emmanuel poteva morire nel Mediterraneo, se è morto qui 7 mesi dopo in Italia, è la volontà di Dio. Sia fatta la volontà di Dio, che Dio vi benedica», prima di intonare canti tradizionali con tamburi e altri strumenti esotici.
Poi è la volta di un gruppo di donne dagli abiti coloratissimi, alcune sono religiose. Anche loro cantano vari inni e alla fine si lanciano in una trascinante versione di «When the saints go marchin’in» che viene intonata da tutta la gente raccolta in chiesa. Una di loro legge un messaggio del presidente della Nigeria al presidente Mattarella. Infine prende la parola don Vinicio Albanesi, affiancato da Chinyere, che piange e grida in modo ritmato. «Lei - spiega il presidente della Comunità di Capodarco - mi ha chiesto “Dove era Dio mentre mio marito moriva?” Le ho risposto che era con Emmanuel, Lui che è stato schernito, deriso, umiliato e infine crocifisso».
«Bisogna alimentare la speranza di chi tra mille peripezie arriva tra noi. E mi dà fastidio quando sento i media definirli “disperati”, ma dove? Ma quando? Loro disperati? Semmai noi lo siamo, con la nostra vita spesso inutile e insensata» ha detto nell’omelia l’arcivescovo di Fermo, monsignor Luigi Conti. «Se loro sono qui è perché davvero nutrono la speranza e noi rischiamo di ucciderla questa speranza, ma invece è la divisione che uccide», ha concluso.
La Stampa
Versione app: 3.26.4 (097816f)