La storia di Carlo e Alberto e della loro amicizia ci ha accompagnato lungo quest’anno durante la preparazione degli eventi Jesolo, e mi ha colpito molto quanto questa relazione avesse da dire alle vite dei ragazzi con cui ne parlavo. Ma forse avevamo sorvolato sulla fine.
di sr. Giada Gazziola fma, tratto da fmaitv.eu
«Ho paura». «Di cosa?». «Di morire».
(Il tuffo in Dio. I 40 giorni di Carlo e Alberto)
La storia di Carlo e Alberto e della loro amicizia ci ha accompagnato lungo quest’anno durante la preparazione degli eventi Jesolo, e mi ha colpito molto quanto questa relazione avesse da dire alle vite dei ragazzi con cui ne parlavo. Ma forse avevamo sorvolato sulla fine.
40 giorni: una quarantena
L’altra sera è stato un lampo immediato. 40 giorni: una quarantena. Carlo affronta dolore e paura e si prepara alla morte. Certo, è la normalità: alla morte non ci pensiamo, nelle nostre vite facciamo finta che la morte non esista. Viviamo come se niente avesse fine. Evitiamo di portare i bambini ai funerali e siamo imbarazzati nello spiegare loro che tutti prima o poi moriremo.
E ci ritroviamo impreparati allora ad affrontare tutto quello che ci sta capitando.
Un vuoto che divora
Mentre in questi giorni, come tutti, vivo il disagio del non poter uscire, vivo anche il salesiano disagio del non poter fare molto per aiutare chi è in prima linea o i ragazzi che sono a casa nelle varie situazioni di difficoltà che si sono create.
Non mancano i commenti positivi: “finalmente abbiamo l’occasione di fermarci”, “finalmente riscopriremo le relazioni in famiglia”, “finalmente faremo meno cose”. Ma è davvero così? L’impressione forte che ho di queste giornate, è che rincorriamo ogni mezzo possibile per tappare quel vuoto che sentiamo dentro. Un vuoto enorme, il vuoto della mancanza… di vita, di aria, di relazione. Un vuoto che sappiamo ci divorerà a lungo. E poiché la paura bussa alle porte del nostro cuore passiamo le giornate a riempire le nostre orecchie per non ascoltare la sua voce.
Quindi pensando a voi, giovani, ormai chiamati da questi tempi forti a diventare adulti in fretta, mi sono chiesta se non vi avrei tradito aiutandovi solamente a “passare” il tempo. Ma non solo: mi sono chiesta se non vi avrei tradito dicendovi che #andràtuttobene.
Qualcuno che mi aspetta
Andrà tutto bene? Probabilmente dipende da cosa intendiamo per “andrà tutto bene”. Non posso dirvi che nessuno soffrirà o che eviteremo ogni fatica. Non posso pensare che certamente sarò esente da ciò che capita alla massa. Non è questo che intendo con “andrà tutto bene”. Avevamo scelto di raccontare la vita di due amici, ma entrambe le loro storie di luce alla fine si scontrano con la morte. La attraversano quella porta, non possiamo ancora fare finta che non ci sia. Eppure qualcuno forse oserebbe dire che la loro vita è andata bene. Ma cosa ci permette di dirlo? O meglio chi?
Giovani, andrà bene. Andrà bene perché credo che oltre la morte, il dolore e la sofferenza c’è Qualcuno che comunque mi aspetta. Come posso senza questa speranza dire #andràtuttobene?
Io so dove vado
Senza Coronavirus alle Feste di Jesolo avremmo raccontato la storia di Carlo ed Alberto. Ma, fermi nel “letto” in cui siamo ora, forse possiamo lasciarci interrogare davvero da quei 40 giorni.
Carlo nella sua quarantena è diventato un vir, un ragazzo di vent’anni che «parla ed agisce come un patriarca». Trasformato in quei 40 giorni perché ha accettato di affrontare la solitudine che tutti viviamo davanti alla paura e alla morte. Con quale forza? Con quale gioia? «Io so dove vado. Qualche giorno fa è partito per il cielo un mio amico» diceva alle infermiere. E allora pensando a Carlo e Alberto l’invito che vorrei farvi è questo: smettiamo di ingurgitare con gli occhi e con le orecchie immagini e parole. Fermiamoci, ma davvero. Perché se mi fermo e faccio silenzio fuori di me, riuscirò a sentire le mille voci che gridano dentro di me in questi tempi bui. Sarà nel silenzio e da solo che potrò affrontare la lotta per vedere Oltre, per attraversare tutte quelle voci. Nella solitudine, allora, potrò incontrare l’Amico.
Allora, certo… spero di vedervi ancora online in questi giorni. Magari ci sentiremo al telefono, magari condivideremo qualche video divertente. Ma l’invito più grande che vi faccio è di vivere intensamente questa quarantena per uscirne da viri.
«Non siamo più soli, noi con noi stessi. Siamo in due: egli e noi.»
(Chiara Lubich
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