È interessante riflettere su questo: nel Cristianesimo, è Lui che viene. Non dobbiamo incamminarci noi, non ci chiede neppure di cercarlo. L'unica difficoltà (certo, magari non da poco; ma, essendo l'unica, si può anche capire, no?) è quella di riconoscerLo, al Suo passaggio. Richiede di essere pronti, sempre pronti, ma arriva Lui. Si scomoda e viene verso di noi.
L'Attesa del Nuovo sembra sempre più difficile. Lo è sempre, quando le prospettive sono poche e lontano dall'essere positive. Dunque, che aspettare? Il peggio?
L'Avvento, è per eccellenza, il tempo dell'attesa di un incontro. Il tempo che precede l'arrivo di qualcuno, quindi.
È interessante riflettere su questo: nel Cristianesimo, è Lui che viene. Non dobbiamo incamminarci noi, non ci chiede neppure di cercarlo. L'unica difficoltà (certo, magari non da poco; ma, essendo l'unica, si può anche capire, no?) è quella di riconoscerLo, al Suo passaggio. Richiede di essere pronti, sempre pronti, ma arriva Lui. Si scomoda e viene verso di noi.
Resta tuttavia un dettaglio importante. Le nostre attese rischiano di restare deluse. Perché noi cerchiamo soluzioni ai nostri problemi, vorremmo qualcuno che ci faccia avere soldi, lavoro, salute, successo, che guarisca le malattie e magari ci renda immortali. Per meno, non muoviamo un dito. L'offerta sarebbe poco allettante.
E quel che ci si presenta è un bambino, che - piano piano - prende forma nel ventre di una donna, si "fa spazio" con quella dolce fermezza, propria dei bambini, che insegnerà per le strade della Galilea. Ma, per ora, non è che un bambino, un figlio donato all'intera umanità, nella sua fragilità, nel suo bisogno di coccole e cure, di protezione, di nutrimento, di sicurezze. Figlio dell'Uomo, così si fa chiamare. Mai una volta, nel Vangelo, Gesù si dice, per sua iniziativa "Figlio di Dio": quasi ci tenga in modo particolare a sottolineare la sua fratellanza col genere umano, con la sua sofferenza, con gli spasimi del desiderio e dell'entusiasmo, con i morsi della preoccupazione, dell'angoscia e - troppo spesso - della fame.
Infatti, non si presenta come un potente monarca, né come un oppressore o un giustiziere, ma neppure come un ribelle (nel senso in cui generalmente viene inteso; era invece un rivoluzionario, nel senso più pieno della parola, perché la sua personalità, il suo esistere e il suo relazionarsi con le persone hanno senza dubbio annientato pregiudizi e contribuito al progresso umano). Si presenta innanzitutto come un bambino. Un bambino vero, in carne ed ossa. Con il suo carico di fragilità fisica e di assoluta impotenza sociale, politica e culturale. Tale era la posizione dei bambini nella cultura ebraica; ma, siamo sinceri, non è molto diversa la loro posizione oggi: quanti li ascoltano davvero (evitando magari quel tipico sorrisetto di compiacenza) quando esprimono un loro parere sincero e - spesso - di fondamentale importanza ai loro occhi?
Questa è forse la sfida più ardua che ci lancia Dio, nel Vangelo: ci invita a riconoscerLo, nonostante sembra fare di tutto per sottrarsi al posto che Gli avremmo voluto assegnare. Lui vi rinuncia. Per un eccesso d'amore, preferisce poterci stare accanto, invece che sovrastarci. Preferisce fasciare le nostre ferite, piuttosto che commentare "Te l'avevo detto!". Preferisce discendere dai Cieli e salire sul legno della Croce, piuttosto che fare il più comodo percorso inverso.
Ecco allora che il tenero Bambino che spalanca le braccia e ci guarda con tenerezza ci lancia un messaggio molto più forte di quell'edulcorato "volemose bene" in cui è stato trasformato il Natale. «Cercatemi, come io ho cercato voi. Abbiate fiducia in me, così come io mi sono fidato di voi e mi fido ogni giorno». Perché così può essere definita la storia presente nei Vangeli: un Dio che si affida all'uomo e alla sua libertà, dopo essersi spogliato di ogni privilegio. Perché non è possibile fiducia, senza condivisione.
Una veglia d'attesa che, partendo dal buio della notte (che porta con sé l'oscurità della paura, della frustrazione, del fallimento, del pessimismo e - alle volte - anche dell'autocommiserazione) ci conduce verso una luce. Una luce che, però, si fa strada piano piano: con discrezione e rispetto (quasi in punta di piedi!), ci chiede "permesso" quando chiede la nostra collaborazione. Ma ci chiede anche il coraggioso passo di varcare la soglia di quella speranza, senza la quale risulta impossibile, per Dio, potersi mettere in società con noi, per fare progetti all'altezza dei Suoi sogni e costruire un mondo che segua la Sue aspettative, per la nostra felicità!
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