Alla fine questo anno della fede, la liturgia ci invita così a rimanere ai piedi del Crocifisso e a custodire il dono immenso della sua amicizia: la vera luce che illumina la nostra vita. L'omelia di questa Domenica scritta da don Gianni Ghiglione.
Nella festa di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo la liturgia di quest'anno mette davanti ai nostri occhi l'immagine del Crocifisso.
Un re crocifisso, come sottolinea la scritta che campeggia sulla croce descritta nel Vangelo di Luca: “Questi è il Re dei Giudei”.
Un re umiliato e sbeffeggiato, ma glorioso nella potenza del suo amore divino che dona al ladrone pentito il Paradiso, la vita nell'eternità.
Un'immagine che si è impressa nei miei occhi in modo particolare alcuni giorni fa, in occasione del funerale di una parente presso il duomo di Vercelli. Nella cattedrale dedicata a sant'Eusebio campeggia infatti un grande crocifisso d'argento con la corona sul capo, maestoso. Un segno che ha illuminato di speranza la mesta occasione: l'unica speranza che vince la morte, secondo la narrazione della scena evangelica.
Gesù splende sulla nostra vita dall'alto della croce come il “Sole che sorge“ descritto nel cantico di Zaccaria, capace di illuminare ogni oscurità. E' in lui l'origine è la meta di ogni nostro agire, l'amore che scalda il cuore, il senso che rischiara la nostra intera esistenza.
Sono ormai alcuni anni che, grazie all'invito di don Gianni, ho l'occasione di riflettere sulla festa di Cristo Re. Anni in cui la mia vita è cambiata, in cui i momenti lieti si sono alternati anche a tanti periodi bui.
Ora più che mai rivolgo il mio sguardo a Gesù Crocifisso e rimango sotto la croce, alla luce della sua Luce.
Risuonano in me alcune parole del Santo Padre pronunciate in occasione della sua recente visita ad Assisi, quando invitava a “lasciarsi guardare da Gesù nel momento in cui dona la vita per noi e ci attira a Lui”, sull'esempio di san Francesco. Le ho rilette da poco, per caso, e trovo esprimano in modo molto bello il grande dono d'amore di Dio per ognuno di noi, l'annuncio luminoso della nostra fede. “In quel crocifisso- così rifletteva il santo Padre in riferimento all'esperienza vissuta dal poverello di Assisi nella chiesetta di san Damiano - “ Gesù non appare morto, ma vivo! Il sangue scende dalle ferite delle mani, dei piedi e del costato, ma quel sangue esprime vita. Gesù non ha gli occhi chiusi, ma aperti, spalancati: uno sguardo che parla al cuore. E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una «nuova creatura». Da qui parte tutto: è l’esperienza della Grazia che trasforma, l’essere amati senza merito, pur essendo peccatori.”
Gesù, il Sole di giustizia che brilla sulla croce, illumina le nostre vite e l'intera storia con la speranza che viene dal suo amore. Come dice papa Francesco, si tratta di un amore capace di rinnovarci e trasmetterci una nuova vita: la vita nella libertà dei figli di Dio. San Paolo descrive questo con parole commoventi nella lettera ai Colossesi, la seconda lettura che verrà proclamata domenica.
Nell'amore che Gesù ci dona attraverso la sua morte in croce trova compimento ogni nostro affetto terreno e ogni realtà dell'intero universo, tutto ciò che di bello possiamo sperimentare nella vita. L'intera storia viene ricapitolata in Lui che ne è misteriosamente anche l'origine.
Alla fine questo anno della fede, la liturgia ci invita così a rimanere ai piedi del Crocifisso e a custodire il dono immenso della sua amicizia: la vera luce che illumina la nostra vita.
Solo nell'abbandono fiducioso all'amore di Gesù morto e risorto per noi- quali tralci uniti alla Vite-possiamo vivere con speranza il presente, nella consapevolezza che la nostra esistenza e l'intera storia è custodita nelle mani di Dio e dalla sua amorevole Provvidenza per un destino di eterna felicità: il Paradiso promesso al buon ladrone.
don Gianni Ghiglione
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